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BERLINALE 64 - Natural Resistance


Il film di Jonathan Nossiter presentato nella sezione panorama Documento. Quattro esempi di agricoltori che cercano di resistere alle multinazionali


BERLINALE 64 - Natural Resistance
"Chi controlla il petrolio controlla le nazioni, chi controlla il cibo controlla il popolo“, è questo il pensiero di Henry Kissinger, ex Segretario di Stato dell’era Nixon e Ford e membro portante del gruppo Bilderberg.
Questo spassionato consiglio del famoso politico statunitense è l'eloquente sottotitolo di "Natural Resistance" il nuovo film di Jonathan Nossiter, presentato alla 64esima edizione del Festival di Berlino nella Sezione Panorama Documento. A dieci anni dal controverso "Mondovino", il regista americano-brasiliano ritorna ad affrontare la delicata questione della globalizzazione del vino.

E lo fa attraverso dei veri rivoluzionari, un gruppo di viticultori che si sono ribellati al nuovo ordine economico mondiale contro l’erosione della biodiversità, attribuibile in buona parte all’agricoltura intensiva, le pratiche industriali dell’agrochimica che distruggono le peculiarità dell’uva e del vino.

Sono Giovanna Tiezzi, figlia dello storico ambientalista Enzo Tiezzi, e Stefano Borsa nel loro ex convento riconvertito in azienda agricola in Toscana, ci portano un legame vitale con la cultura etrusca.

Corrado Dottori e Valeria Bochi, rifugiati dall’industrializzata Milano nella fattoria di famiglia nel magico territorio marchigiano, lottano per un idea di giustizia sociale gioiosa.

Elena Pantaleoni, ex libraia nei Colli Piacentini guida l’azienda vinicola del padre, portandola verso un futuro utopico, ma anche realizzabile. Infine Stefano Bellotti, il Pasolini degli agricoltori, un poeta contadino nella sua fattoria ecologicamente radicale nel Piemonte.

Attraverso le loro testimonianze, il regista rivolge un atto d’accusa contro le contraddizioni della politica dell’Unione Europea che ha introdotto vincoli e parametri destinati a favorire il controllo delle multinazionali sull’approvvigionamento alimentare globale e a mettere così fuorilegge quegli agricoltori che si rifiutano di aderire ai nuovi standard.

“Non è un caso che l’agricoltura sia stato il primo settore di intervento della Comunità Europea, attraverso il cibo si cerca di omologare il gusto”, dichiara Dottori. “Siamo ciò che mangiamo, e se mangiamo schifezze siamo schifezze, incapaci di ribellarci al sistema. Un cibo privo di ingredienti vitali ma ricostruiti artificialmente in laboratorio, abbatte le nostre resistenze e ci rende inoffensivi”, gli fa eco il radicale Bellotti.

Ma sono tanti in Italia che resistono all’avanzata spietata del vino industriale e all’uso di prodotti chimici in vigna, una questione antica ma che “riguarda la vita, la libertà, la salute di tutti”, commentano gli “eroi” contadini. Alle immagini degli uliveti, a ricordare la bellezza di territori che stentano a rimanere incontaminati, si alternano quelle di repertorio della Cineteca di Bologna per rivelare il legame tra cinema ed agricoltura, entrambi custodi della cultura e delle tradizioni di un paese.

Il documentario lancia un ammonimento. Quando tutto il cibo apparterrà alle multinazionali come faremo? È questa l’anticamera della nuova schiavitù?

09/02/2014, 15:46

Monica Straniero