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CINEMADOCUMENTARIO - Igiaba Scego presenta "Altra Europa"


La scrittrice romana di origini somale è intervenuta in occasione della rassegna organizzata a Roma da Blue Desk per parlare del film di Rossella Schillaci.


CINEMADOCUMENTARIO - Igiaba Scego presenta
Il terzo appuntamento della rassegna "Cinemadocumentario", organizzata a Roma da Blue Desk in collaborazione con Cinemaitaliano.info, ha visto protagonista la scrittrice Igiaba Scego.
Intervenuta per presentare "Altra Europa" di Rossella Schillaci, la Scego ha fornito un'analisi accurata del documentario.

Cosa l'ha colpita del film di Rossella Schillaci?
Io sono nata a Roma, ma sono di origine somala e sono rimasta affascinata dalla profondità dei personaggi scelti e dal modo in cui la regista è riuscita a tirar fuori da loro grandi emozioni. Questo non è facile con noi somali perchè siamo un po sospettosi e a volte capita di dover dire delle bugie per sopravvivere, soprattutto quando sei un richiedente asilo. Davanti alle commissioni territoriali che per darti lo status di rifugiato ti chiedono determinate cose, quasi vai avanti con un tuo copione, per frasi fatte. Invece tutte le persone avevano una grande emotività e realtà. Ha poi colto il problema principale che hanno i richiedenti asilo, perchè qui si da loro una protezione umanitaria che in realtà non lo è. In altri paesi la burocrazia è più seria e si hanno più garanzie, come uno start up per iniziare, una casa o i corsi di lingua. Questo ha creato divisione all'interno della comunità stessa perchè chi è arrivato in passato ha conosciuto un'Italia molto differente da quella di oggi, in piena crisi economica e morale. Questo documentario è utilissimo per spiegare cos'è davvero l'asilo.

Tra i film in rassegna è l'unico diretto da una donna. In cosa traspare lo sguardo femminile?
Di femminile ho trovato la cura, presente in ogni scena e in ogni rapporto umano che è riuscita a creare. Penso al sorriso del ragazzo sudanese o alla ragazza che ci parla degli abusi sessuali subiti. C'è poi anche di femminile la serietà, con cui ha affrontato un tema che già altri avevano trattato ma con toni più sensazionalistici. Qui c'è invece uno sguardo più partecipe, di chi vive accanto alle storie e non vuole solo appropriarsene in modo predatorio.

Crede che oggi il documentario sia il genere più adatto a raccontare storie di integrazione?
Io penso che se ci fossero dei film di finzione, o addirittura anche delle sit-com sull'argomento, sarebbe molto bello. In Italia vedo molti documentaristi che magari vorrebbero fare dei film in merito, ma le loro storie vengono bloccate da produttori poco coraggiosi che non vogliono investire su vicende di integrazione. Questo perchè si guarda solo al brutto o alle difficoltà quando invece se si vuole si può trovare anche dell'ironia. Io mi auguro di vedere delle fiction ma non stereotipate, perchè oggi le uniche attrici nere che vedi devono fare i ruoli da prostituta o al massimo da badante. Ed è un peccato perchè c'è altro da raccontare all'interno della società che ci circonda.

20/04/2013, 09:00

Antonio Capellupo