Note di regia di "The Gerber Syndrome"


Note di regia di
L’idea di The Gerber Syndrome è nata verso la fine del 2009, all’apice della cosiddetta “epidemia” dell’influenza suina. Giornali e televisioni non parlavano d’altro, le notizie provenienti dagli altri paesi, Messico in primis, sembravano bollettini di guerra, e ogni giorno le notizie erano più vicine all’Italia: primi casi in Inghilterra, due morti in Francia, contagio in Germania... la gente aveva paura. Io stesso cominciavo ad essere preoccupato. Avevo perfino smesso di andare al cinema. Poi dopo un po’ si è iniziato a sospettare che fosse tutta una bufala, come poi si è effettivamente dimostrata; un’operazione di marketing, probabilmente per vendere vaccini, forse per qualche altro motivo che non sapremo mai. Così, proprio in quei giorni di paura, ho iniziato a pensare: e se fosse vero? Se non fosse una montatura e se fosse veramente una malattia pericolosa come lo sono state la peste o l’influenza spagnola? Come reagiremmo? Come si comporterebbero i governi, i media, la comunità scientifica, la gente per strada? Ho raccolto un paio di amici e ci siamo messi a fare delle interviste alla gente per strada, chedendo un’opinione sull’influenza suina o l’aviaria o su altre malattie più serie come l’AIDS. Con quelle immagini abbiamo realizzato un piccolo demo, da cui è iniziato tutto

La scelta di realizzare un mockumentary è stata pressoché automatica, è stato così fin dagli inizi del progetto. Il found footage (ben diverso dal mockumentary) penso che ormai sia un po’ troppo abusato per risultare ancora credibile; dai tempi di Blair Witch Project e con l’avvento di Youtube, ormai il pubblico è preparatissimo ed abituato ad inviduare rapidamente un “fake”. Il finto documentario invece, non è ancora così diffuso, e la credenza “se lo ha detto la TV deve essere vero” penso che sia ancora abbastanza diffusa. Per questo ho pensato: se questo film sembrerà un reportage di Discovery Channel, forse risulterà più credibile, o quantomeno, per una certa parte di pubblico sarà più facile immedesimarsi nei personaggi, perché quelli che stanno sullo schermo non sono Julianne Moore e Ed Harris che interpretano un medico e una persona malata, forse sono attori, forse no, ma sembrano persone vere, potrebbero essere i miei vicini di casa. Potrei essere io. Questo è stato l’obbiettivo comune che il cast, la crew ed io abbiamo cercato di raggiungere. Se ci siamo riusciti o no... ai posteri l’ardua sentenza.

Maxì Dejoie