Un Natale in bianco e nero


Adriano Piccardi, direttore del mensile Cineforum, in esclusiva per CinemaItaliano.info


Un Natale in bianco e nero
Fra i tanti Natali che si potrebbero rispolverare dai tempi che furono del cinema italiano, ce n’è uno che mi sembra risuonare con singolare precisione accostato da così lontano ai giorni che viviamo, ai sentimenti contradditori e comunque non facilmente decifrabili che questo presente mi comunica.

Sto pensando al finale de "Il ferroviere" di Pietro Germi, a quel ritorno a casa natalizio così ingannevole e così scopertamente, spudoratamente mélo. La morte di un padre e marito, appena ritrovato, la notte di Natale… un finale irresistibile e irritante: all’insegna dell’emozione che si libera da ogni riverenza nei confrontidella ragione e ci si consegna in tutta la sua nudità. In tutta la sua preveggenza.

L’origine storica e il significato antropologico dei festeggiamenti natalizi, com’è noto, ha a che vedere con il particolare momento dell’anno cui corrispondono: a conclusione del semestre che ha visto le giornate accorciarsi fino all’estremo, ora in ripresa per un ritorno progressivo al prevalere della luce sul buio, che culminerà al termine di un’altra parabola semestrale. Natale come festa di apertura e di fiducia nel futuro. "Il ferroviere", film così coraggiosamente reazionario da comunicarci una misteriosa e inesorabile certezza di verità, ci affida nel suo finale la cifra del proprio punto di vista su quel tornante storico che, a metà degli anni Cinquanta, stava per distogliere un popolo intero dal tempo ancora sospeso del trauma post-bellico per scaraventarlo nel tritacarne di una rincorsa all’omologazione industriale e culturale dai risvolti – in quel momento e per chi li sapeva cogliere – inquietanti quanto ancora nebulosi.

Morire nella notte di Natale, dunque, come rifugiarsi in un passato ormai finito, sprofondato nel buio cui appartiene; è l’espressione del rifiuto istintivo di consegnarsi incondizionatamente a un futuro dal profilo incerto, ma che già si intuisce straniero. E con ciò pauroso. Film reazionario, dal finale coerentemente reazionario. Ma che riacquista attualità e credito per noi che stiamo vivendo questo altro tornante collettivo. Sospesi tra un crepuscolo interminabile cui ci eravamo ormai tanto abituati da riceverne innaturale sicurezza e un domani che ci chiama, pretende la nostra resa.

24/12/2012, 08:00

Adriano Piccardi