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Note di sceneggiatura del film "Dreaming Alaska"


Note di sceneggiatura del film
Nel concepire dapprima e nello scrivere poi Dreaming Alaska, mi sono trovato d'innanzi ad un interrogativo ben preciso: come fare in modo che avesse ragione di esistere? Come giustificare l'esistenza di un sequel a 15 anni di distanza dall'originale? Aveva un senso dare continuità ad una storia la cui trama di fatto era contestualizzata ad un giocare di bambini essenzialmente ripreso da una telecamera? La chiave di lettura fu proprio il “gioco fatto da bambini”, l'Alaska immaginata anziché davvero vissuta: perché non svestire l'Alaska del connotato meramente geografico per conferirle l'aura della metafora del concetto di “sogno”, di progetto di vita? Allora ecco l'illuminazione: i due personaggi principali non erano più i “promettenti geologi” di Alaska originale, ma erano quei due bambini che, giocando, si erano ripresi con una vecchia videocamera, diventati grandi e caduti in quella gigante pozza di fango conosciuta come quotidianità, in altre parole eravamo noi: Emanuele Valla e Dario D'Ambrosio.
Dreaming Alaska di fatto parla del timore di fare, della paura del muovere il primo passo fuori dalla porta, del preferire una realtà tangibile, per quanto non del tutto soddisfacente, alla possibilità di mettersi in gioco rispetto ad un qualcosa che meglio ci rappresenti, Dreaming Alaska è un'esame di coscienza che i due protagonisti fanno, il cui scopo è provocare nella mente dello spettatore la reazione di una deflagrazione che solo una riflessione può portare, la trama, l'alternarsi di demenziale e drammatico, i personaggi, i luoghi altro non sono che pretesti: pretesti per parlare della paura di fare, e del percorso di superamento della stessa. Altro obiettivo che mi sono posto, invero ambizioso nonché parte di una progettualità ben più ampia specie in proiezione futura, è l'arrivare alla genesi di un nuovo genere ovvero all'acuire dei margini di altri generi già esistenti: il “dramential”. Ovvero il far collidere anche a distanza ravvicinata, momenti di
riflessione e drammaticità con altri non solo comici (come per altro già succede nella “dramedy” americana) ma demenziali (vedasi quale spunto il filone demenziale americano anni '80-90: Top Secret, Hot Shot, Airplane!, Naked Gun), con l'obiettivo finale di fare si che il contrasto dei due estremi (drammatico-demenziale) arrivi non a stridere ma ad esaltarli vicendevolmente, d'altronde la vita che viviamo è la stessa, sia quando siamo sguaiatamente trainati dall'ilarità sia nei momenti più tristi.
Nella sceneggiatura ho avuto la volontà sin da subito di creare il coinvolgimento anche creativo di chiunque vi avrebbe preso parte, leggendola non si trovano infatti rigidi paletti rispetto l'interpretazione o il contesto della scena, poiché si tratta di valori che volevo sin da subito che derivassero dal lavorarci sopra con tutti gli interessati.

Dario D'Ambrosio

26/09/2012, 16:28