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IL PRIMO UOMO - Camus, l'Algeria e la ricerca del padre


Il nuovo film di Gianni Amelio è la trasposizione dell'ultimo, incompiuto, romanzo di Albert Camus. "Ho trovato subito delle analogie tra il racconto della sua infanzia e la mia, in Calabria" ha detto il regista "Il padre assente, la madre e la nonna sono figure simili che ho utilizzato per alcune situazioni e dialoghi che erano nella mia memoria". Il Primo Uomo sarà al cinema da venerdì 20 aprile in 70 copie distriubuito da 01.


IL PRIMO UOMO - Camus, l'Algeria e la ricerca del padre
Jacques Gamblin, protagonista di "Il Primo Uomo"
"Il Primo Uomo" è un film d'altri tempi. E' un'operazione coraggiosa portata avanti sia dal produttore francese, Bruno Pesery, sia da Gianni Amelio che lo ha scritto e diretto. Un racconto profondo e poetico di un uomo alla continua ricerca.

Racconta dello scrittore Premio Nobel Albert Camus, del suo impegno verso l'Algeria, sua patria d'origine e della ricerca del padre, morto durante la prima guerra mondiale, quando lui aveva solo 6 mesi. La storia è tratta da un romanzo incompiuto dello scrittore, ma Gianni Amelio ci ha volentieri messo del suo. Le vicende narrate da Camus si fondono nel film con la vita giovanile di Amelio che ha subito riconosciuto dei paralleli nel quotidiano, ovviamente senza accostarsi al grande autore. La giovinezza in Algeria di Camus è stata letta da Amelio come molto simile alla sua in Calabria e le situazioni del film, spesso non citate nel romanzo, sono tratte da casa sua, come molta parte dei dialoghi familiari.

Il film di Gianni Amelio è commovente e sincero e forse per questo è stato prima scelto e poi scartato dalla selezione ufficiale di Venezia 2011 (lasciando spazio a "Quando la Notte" di Cristina Comencini...).

Il regista, alla sua prima regia francese, riesce a raccontare con grande coinvolgimento la storia di un uomo e dei suoi dubbi, sullo sfondo di paese in bilico tra una guerra e una rivoluzione, in cui lui stesso si sente coinvolto su entrambi i fronti. La storia, che nel romanzo comincia addirittura nel 1848 con l'occupazione francese dell'Algeria, salta dalla maturità di Camus alla fine degli anni 50, indietro verso un breve ma significativo momento dell'infanzia, negli anni 20, quando la famiglia si sacrifica per farlo continuare a studiare.

Sarebbe riduttivo cercare agganci con l'attualità, solo per portare spettatori al cinema. Il film è da vedere per quello che racconta, senza bisogno di trovare similitudini; gli interpreti, i costumi e le scene sono curati e riescono a dare al meglio la sensazione dell'epoca, in un contesto ricco di ambienti e di comparse.

Non molti gli italiani nel cast e nella troupe: Maya Sansa è l'unica attrice italiana, e interpreta la madre di Albert da giovane. Poi c'è la colonna sonora di Franco Piersanti, il montaggio di Carlo Simeoni, le foto si scena di Claudio Iannone la co-produzione di Cattleya e una partecipazione Rai Cinema.

Dimentichiamo le abitudini cinematografiche e andiamo a vederlo al cinema.

16/04/2012, 16:50

Stefano Amadio