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Orazi e la storia del bibliotecario Kcal in "A Mao e a Luva"


Il regista alla 5a edizione di Sfogliando un Film: "Il cinema del reale va in sintonia con le esigenze dell’epoca che viviamo".


Orazi e la storia del bibliotecario Kcal in
Antonio Capellupo e Roberto Orazi
La poesia e la musica possono salvare i giovani da un destino di violenza? Sognare non costa nulla, soprattutto quando lo si fa tra le pareti di una biblioteca nella povertà estrema di una favela brasiliana dove l’eterno ragazzino Kcal è riuscito a regalare un sorriso a tanti bambini costretti ogni giorno a “vivere morendo”. La storia raccontata in “A Mao e a Luva” di Roberto Orazi è stata al centro del secondo appuntamento della rassegna “Sfogliando un Film”, curata da Antonio Capellupo, ieri pomeriggio presso la Biblioteca Comunale di Catanzaro. La riflessione che ha ispirato il lavoro di Orazi, già proiettato con successo al festival di Roma, ruota intorno al messaggio che Kcal lanciò in occasione di ricevere il premio di Rede Globo, la più importante televisione brasiliana, per il suo impegno nel sociale: “Ogni libro è un grido di libertà”.

"Qusto è un progetto che nasce per casualità dagli incontri che si fanno per raccontare le storie del mondo" – ha detto Roberto Orazi –. "Mentre stavo girando il mio precedente documentario in Brasile conobbi Kcal che mi guidò all’interno della favela e, in particolare, della palafitta in cui aveva costruito la sua biblioteca. Tornato in Italia convinsi il mio produttore, Riccardo Neri, della forte potenzialità narrativa di quella storia e della capacità di affascinare propria di un personaggio che è perdente e vincente allo stesso tempo, simbolo di un Paese in cui è davvero difficile soddisfare anche i bisogno primari". Per Orazi lo sguardo sensibile di Kcal, riflesso nelle sue poesie, rappresenta la sublimazione dell’affetto verso l’altro che è stato il vero motore per la realizzazione del film. Lo stesso brasiliano, nella sua difficile missione culturale, si chiede cosa possa spingere un uomo povero a comprare libri per poi prestarli. "Continuare a credere nelle persone», risponde Kcal che con la poesia e la musica, mano e guanto della sua ricerca esistenziale, ha saputo aprire gli orizzonti dell’immaginazione ad un’intera comunità".

Orazi ha sposato lo stesso ideale portando avanti il concetto di cinema come strumento per raccontare la verità: "Il cinema del reale va in sintonia con le esigenze dell’epoca che viviamo" – continua il regista - "in cui si utilizzano tutti i mezzi di comunicazione, anche se il punto di frizione arriva quando si parla dei contenuti. E’ questa la forma giusta per trascinare il pubblico, perché la produzione televisiva ha creato un senso di sazietà del nulla. La gente ha bisogno, infatti, di guardare altro e la commistione tra realtà e i codici della narrazione cinematografica rappresenta la formula vincente quando si portano in scena personaggi in grado di innescare il meccanismo dell’identificazione". Anche per questi motivi Orazi spiega perché è sempre più difficile raccontare storie “italiane”: "Perché tutto ciò che avrei voluto raccontare il giorno dopo era già in tv" - ha detto Roberto Orazi -. "Il sistema giornalistico si è appropriato del reale e in questo momento di grande contrapposizione politica i palinsesti sono occupati da approfondimenti di informazione vicini per stile a dei veri reportage".

Orazi nel suo prossimo progetto racconterà le condizioni di chi vive dietro le quinte del cinema: "Sarà il secondo documentario dedicato alla realtà del sindacato dopo “Fabbricanti di Passioni” che raccontava il mestiere dello spettacolo" – conclude –. "Questa volta il mio lavoro riguarderà il sindacato della comunicazione attraverso i racconti di coloro che operarono negli anni ’60 e ’70. E’ stata per me la possibilità di rileggere la storia dell’Italia da un altro punto di vista e di far conoscere alle nuove generazioni i volti di chi ha partecipato attivamente alla lotta per i diritti del lavoro, uno degli argomenti che potrebbe far cadere nuovamente il governo nei prossimi giorni".  

04/02/2012, 14:07

Domenico Iozzo