Fondazione Fare Cinema
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Giovanni Princigalli "La storia raccontata in Les Fleurs à la
Fenetre mi coinvolgeva, mi interrogava e mi incuriosiva"


Giovanni Princigalli
Con "Les fleurs à la fenetre" Giovanni Princigalli, documentarista pugliese ma residente a Montereal da diversi anni, entra nel cuore di tre donne africane che vorrebbero volare via dalla loro terra attraverso la finestra di un sito di incontri amorosi o di una web-cam, ma che invece resteranno nel loro paese, il Camerun. Le tre donne, quindi, resteranno, ma cambieranno la loro vita, cercando di migliorarla grazie all’arte. Il film è altresì la storia dell'amicizia con Princigalli che, per conoscerle e raccontare la loro storia, realizza il suo primo viaggio in Africa. Grazie a questo viaggio si racconta l’universo sociale e immaginario dove vivono le protagoniste.

Il mondo del web, la multimedialità e le nuove tecnologie influiscono sul tuo modo di creare film? E se sì, come?
Gli artisti ormai devono adattarsi alle tecnologie se vogliono creare. Ma quest'ultime sono messe a punto da grandi industrie, non dallo stesso mondo dell'arte. Inoltre le tecnologie si rinnovano in fretta ed è difficile starci dietro e conoscerle a fondo. Spesso mi sento un po' ignorante e frustrato rispetto al progredire delle tecnologie. Ma al tempo stesso si deve imparare a trarne vantaggio. Penso al digitale che permette a tanti di compiere con pochi mezzi delle esperienze cinematografiche che una volta erano accessibili a pochi. Penso soprattutto ai giovani documentaristi, che grazie al digitale possono fare film ovunque nel mondo. Ma al tempo stesso ciò produce troppe immagini, non sempre realizzate con sensibilità o per necessità. Quanto al web, credo che esso dia più opportunità per la diffusione di materiale video, ma sono convinto che il cinema (anche quello delle piccole sale con 50 posti o ricavato in scantinati e locali) debba essere il luogo appropriato per la diffusione.

Credi che il web possa essere decisivo nella diffusione del cinema documentario?
Spero di no. Credo che debba essere un luogo alternativo, ma non decisivo. Il documentario, almeno quello d'autore, deve tornare al cinema. Esso è stato espulso dal cinema, per mandarlo in TV. Oggi rischia di essere espulso dalla TV per confinarlo al web.

Perché hai scelto di raccontare questa storia attraverso il documentario?
Perché mi coinvolgeva, mi interrogava, mi incuriosiva. Volevo vedere con una telecamera, e non solo con i miei occhi nudi, cosa si celava dall'altra parte dello schermo di un computer, in cui vedevo immagini virtuali e mail di donne africane, latino americane, ecc. Volevo andare oltre le schermo ed il virtuale. Vedere il mondo in cui tali donne vivevano e non solo vederle in foto o alla webcam. Volevo filmare e vedere i loro quartieri e città. Inoltre la telecamera è più reale delle immagini del web.

Dopo gli italo canadesi di ‘Ho fatto il mio coraggio’, come è nata l’idea di immergerti nel reale e nel quotidiano africano ?
In fin dei conti era la stessa storia. Delle giovani donne di un mondo marginale desiderano emigrare in un mondo immaginato migliore, idealizzando un uomo conosciuto per lettera e per foto. Il mito del principe azzurro (ricco, romantico e straniero) non è mai morto. Le corrispondenze epistolari d'amore di ieri sono le mail di oggi.

Tre cose per invogliare il pubblico a guardare il tuo doc e votarlo...
E’ un documentario etnografico e sull'amore, un viaggio e un diario, un documentario sincero ed originale.

11/11/2011, 13:51