Fondazione Fare Cinema
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Note di regia di "Fame di Diritti"


La notte del 22 marzo 2002 da tutt’Italia e con tutti i mezzi, treni speciali, autobus, navi, confluirono a Roma, convocati dalla CGIL per una manifestazione di protesta contro le annunciate modifiche del governo di centrodestra all’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, una folla stimata in 3 milioni, nella più grande manifestazione italiana del secondo dopoguerra. Come già successo in occasione delle giornate di Genova, 49 registi capitanati da Citto Maselli, già da qualche giorno prima dell’evento si erano sparsi per l’Italia per filmare le assemblee preparatorie nelle fabbriche; avrebbero seguìto poi la manifestazione del 23 marzo e lo sciopero generale del 16 aprile. Tutti questi materiali filmati sarebbero confluiti nel film collettivo La primavera del 2002 - L’ Italia protesta, l’Italia si ferma. Sin dalla fase preparatoria ci fu la proposta a Maselli di indagare ‘dal di dentro’ il mondo dei lavoratori iscritti alla CGIL. Per far questo fu trovata un’idea semplice che era quella di prendere i nominativi delle persone intervistate alla stazione di Torino Porta Nuova e poi su uno dei treni speciali in viaggio per Roma la notte del 22. Tra i cento e più intervistati di quel viaggio, ci fu modo poi di scegliere e concentrarsi su dieci di loro e l’ 8 aprile la troupe tornò a Torino per incontrarli sul luogo di lavoro. Infine il 16 aprile sono stati ritrovati nei cortei che convogliavano a piazza San Carlo, il giorno dello sciopero generale. I dieci lavoratori sono diventati in questo modo quasi degli attori, trasformando il documentario in docudrama, poiché non limitati a registrare l’esistente, ma provocandolo. E ciascuno di loro è diventato portatore di una storia: la più emblematica probabilmente è quella di un autista precario della Costa d’Avorio, Sery Gontran, chiamato saltuariamente dalla sua azienda, e nonostante questo presente il giorno della manifestazione e ancor più in quello dello sciopero, anche se il suo datore aveva provato a chiamarlo al lavoro proprio quel giorno... Lui si dichiara “affamato di diritti”, una frase talmente densa e significativa da aver dato il titolo al film. Più che storie le testimonianze degli altri sono riflessioni, etiche, politiche, filosofiche, esistenziali, molto profonde e emozionanti. Nella penombra e intimità degli scompartimenti notturni gli intervistati si lasciano andare, soprattutto le donne, a parlare di lavoro, ciascuno nel proprio ambito (sanità, scuola, fabbrica), di precarietà, di diritti, del futuro dei figli. Ne viene fuori un quadro di grande consapevolezza e umanità, lontano mille miglia dalla descrizione sprezzante di Berlusconi dei “gitanti in scampagnata a Roma”. Non mancano nel film i momenti lirici, come quello dell’alba con i viaggiatori addormentati, o la commozione di trovarsi così tanti al Circo Massimo sotto il palco di Cofferati. L’ottica usata è quella di privilegiare e indagare sempre da vicino i volti e le emozioni di questo popolo discreto e consapevole, niente affatto disposto a rinunciare alla difesa dei risultati acquisiti e ben intenzionato a proseguire la lotta per la conquista di altri diritti.