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Venezia 2011: Marco Bellocchio, un "Leone alla Carriera"
a riconoscimento della coerenza nel lavoro


Accolto da un'ovazione, il regista emiliano è stato insignito del "Leone d'Oro alla Carriera", consegnatogli da Bernardo Bertolucci. Un importante attestato di stima che la Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia ha voluto dedicare al "ribelle moderato" del nostro cinema.


Venezia 2011: Marco Bellocchio, un
Giornata indimenticabile per Marco Bellocchio, autore divenuto negli anni una vera e propria colonna del nostro cinema, premiato dal "Festival di Venezia" con l'ambito "Leone d'oro alla carriera".

Il pubblico presente ha accolto le parole del regista con una vera ovazione:
"Ringrazio il Festival, la Biennale, il suo Presidente, il Direttore e amico Marco Mueller, e naturalmente Bernardo Bertolucci che ha accettato di consegnarmi questo Leone alla Carriera. La mia carriera sono i film che finora ho fatto. Film diversi a seconda delle esperienze umane molto diverse che ho vissuto in 50 anni appunto di carriera".

In passato Bellocchio ha avuto modo di definirsi un ribelle moderato, definizione che piacque molto alla stampa: "Il significato di quel rivoluzionario – o ribelle – moderato, al di là della contraddizione palese che appunto un rivoluzionario non può essere moderato, è forse di un ribelle che ha rinunciato alla violenza.".

Rispetto agli anni de "I pugni in tasca", qualcosa è però cambiato: " Da allora, i mitici anni ’60, le mie immagini sono cambiate, perché la mia vita è cambiata. Non sono più l’assassino o il suicida, i protagonisti delle mie storie. Sono indubbiamente cambiato, ma ciò che non è cambiato è la naturale inclinazione a stare dalla parte di chi è oppresso, di chi è vittima di qualsiasi violenza, indipendentemente dalla classe. "

Ma un caposaldo mai dimenticato resta la libertà: "Credo che la libertà sia la cosa più preziosa per un artista, non parlo delle libertà civili che sono garantite in questo paese, dalle leggi che vanno rispettate, ma quella libertà di immaginazione che mi obbliga a rifiutare il “devo”, lo scrupolo morale che è mortale per l’artista e paralizza la fantasia, il devo o non devo per non tradire l’idea, per non essere giudicato come un reazionario, un venduto, o un pazzo.
Ad esempio è necessaria a un artista la libertà di immaginare Aldo Moro che passeggia libero all’alba in una via di Roma, massimo falso storico che la sinistra più che la destra mi ha puntualmente rimproverato.
Perciò questo premio alla carriera non è una celebrazione, o un risarcimento per non so che cosa, né una riconciliazione istituzionale, ma semplicemente il riconoscimento di una coerenza che in tutti questi anni ho cercato sempre di difendere, di una libertà che va sempre riconquistata


09/09/2011, 19:43

Antonio Capellupo