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Retrospettiva su John Huston alla 28°
edizione del Torino Film Festival


Retrospettiva su John Huston alla 28° edizione del Torino Film Festival
La 28° edizione del Torino Film Festival (26 novembre - 4 dicembre 2010) – la seconda diretta da Gianni Amelio - dedicherà la retrospettiva principale a uno dei più prolifici dei registi americani della seconda metà del Novecento: John Huston.
La retrospettiva – curata da Emanuela Martini e corredata da un ampio volume di saggi e testimonianze edito dal Castoro – comprenderà più di quarantacinque titoli, tra cui, oltre a tutti i film e i documentari bellici diretti dall’autore, una selezione delle sue sceneggiature e interpretazioni.
Per l’occasione è prevista a Torino la presenza di componenti della famiglia Huston.

Figlio d’arte (suo padre, Walter, era un famoso attore teatrale e cinematografico e vinse un Oscar nel 1948 interpretando per il figlio Il tesoro della Sierra Madre), nato nel 1906 e morto nel 1987, attore, giornalista, pittore (un’attività sulla quale si concentrò in vecchiaia) e sceneggiatore, John Huston è stato uno degli autori più sfaccettati e contraddittori della Hollywood tra gli anni Quaranta e gli anni Ottanta. Con un esordio folgorante alla regia nel 1941-Il mistero del falco da Hammett, dove Humphrey Bogart è l’investigatore Sam Spade - è tra gli “inventori” del noir, un genere nel quale è maestro e al quale ritorna nel 1948 con L’isola di corallo, con la coppia Bogart-Bacall, nel 1950 con Giungla d’asfalto, nel 1973 con L’agente speciale Mackintosh, con Paul Newman. Ma in realtà Huston inizia fin dalla fine della guerra un personale viaggio nei generi classici, realizzando soprattutto film drammatici, di guerra e d’avventura, sempre venati di caustico pessimismo, incentrati su piccoli o grandi gruppi umani nei quali ognuno è nemico degli altri o addirittura di se stesso, fino alla tragica autodistruzione dei protagonisti di Gli spostati (Marilyn Monroe, Clark Gable, Montgomery Clift, alla loro ultima apparizione).
Lui stesso è un personaggio “più grande della vita”: bevitore, cacciatore, innamorato del rapporto con gli animali e con la natura, perciò del Messico, dell’Irlanda e dell’Africa, ebbe cinque mogli e cinque figli, diresse più di quaranta film e molti altri ne sceneggiò e interpretò.
Democratico, si oppose apertamente alle liste nere del macchartismo alla fine degli anni Quaranta; accettò invece i compromessi dell’industria hollywoodiana in crisi, diresse alcuni drammi di cassetta e blockbuster poco riusciti, ed ebbe una seconda giovinezza creativa negli anni Settanta, quando agganciò gli umori e il disincanto del nuovo cinema con film come Fat City, L’uomo dai sette capestri, La saggezza nel sangue, L’uomo che volle farsi re, L’onore dei Prizzi (che valse l’Oscar alla figlia Anjelica). L’ultimo film, The Dead da Joyce, terminato pochi mesi prima di morire, è un capolavoro.

21/01/2010, 14:40