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Note di regia del documentario "Con la Furia di
un Ragazzo. Un Ritratto di Bruno Trentin"


Note di regia del documentario
C’è nella vicenda umana di Bruno Trentin un respiro epico. Nasce in Francia, vicino a Tolosa, da genitori che avevano scelto l’esilio dopo l’instaurarsi in Italia della dittatura fascista. La formazione umana e politica di Bruno si determina in un momento cruciale della storia d’Europa. Bruno nasce nel 1926 e cresce negli anni del Fronte Popolare e dello scoppio della guerra civile in Spagna, i cui echi raggiungono la Guascogna durante gli anni della sua adolescenza e della prima giovinezza. La dimensione epica della lotta contro il franchismo, la contiguità con gli esuli della guerra civile formano la sua giovane personalità. È una guerra perduta contro il fascismo, che però contiene in sé le premesse di quella che sarà in tutta Europa la lotta partigiana contro l’occupazione tedesca. Lui, giovanissimo, si forma nel clima epico della lotta di liberazione.
Ha diciassette anni quando in Italia cade il fascismo, nel luglio del 1943. Bruno segue il padre nel rientro in Italia, dove, pur così giovane, partecipa alla guerra partigiana. Anni di rischi e di sofferenze coronati dalla vittoria sul nazifascismo e l’instaurazione della democrazia.
Subito dopo la guerra Bruno sente la vocazione a combattere per i diritti dei lavoratori, non in senso romantico ma nella concretezza della lotta paziente e tenace per i diritti che danno all’uomo una nuova dignità. Si immerge nell’attività sindacale, che interpreta come lotta per una nuova cultura. Nelle battaglie per i diritti economici e sociali i lavoratori acquisiscono nuovi saperi, una nuova maturità; le vittorie sindacali servono a creare nuove persone oltre che nuovi operai.
Prima di accingermi a realizzare un ritratto di Bruno era questo che mi colpiva nel suo modo di vivere. Ho cercato le tracce di questo passato all’interno e all’esterno della Fiat e nel dialogo che ho avuto con lui nel suo ufficio alla direzione della CGIL.
Ma il ritratto del dirigente sindacale non sarebbe stato completo senza la scoperta dei posti in cui Bruno si ritirava per riposare, per riflettere, per cercare il senso profondo del suo percorso.
Bruno frequentava, nei momenti liberi, la montagna in una zona dove la popolazione parla il tedesco, a San Candido, al confine con l’Austria.
Appassionato alpinista, non frequentava queste montagne solo per vivere a contatto con la natura e misurarsi con pareti di rocce impervie. Qui aveva trovato con la gente del posto un rapporto di affetti e di scoperte umane che lo arricchivano. Gli ho chiesto se quelle radure, quei boschi rappresentassero per lui quello che per Ingmar Bergman era il suo "posto delle fragole". E lui, ridendo, mi ha risposto che in un certo senso era proprio così. Era un modo non di staccarsi dalla realtà delle lotte operaie, ma di viverle con una nuova, più stimolante prospettiva, di caricarsi di nuove energie e di nuovo entusiasmo.

Franco Giraldi