Note di regia del film "Parlami di Me"


Note di regia del film
Il teatro me lo ha fatto scoprire mio padre. Io adoravo il musical cinematografico, quello di Vincent Minelli, ma grazie a papà ho scoperto la vera casa del musical: il teatro. E ne sono subito rimasto affascinato. E’ stata sicuramente una bella sfida poter tradurre in immagini un musical pensato per un pubblico live.
All’inizio ero preoccupato perché io provengo dal video musicale e dai cortometraggi e non avevo mai fatto niente di simile: più camere live, il pubblico in sala, la direzione a distanza di tutte le macchine da una cabina di regia. Non volevo, tuttavia, limitarmi a una semplice ripresa televisiva dello spettacolo, volevo raccontare “Parlami di Me” attraverso il linguaggio che meglio conosco, quello cinematografico. Quindi ho posizionato le camere non solo pensando al punto di vista dello spettatore ma anche sopra il palco, ai suoi lati, dietro, osservare lo spettacolo a 360 gradi, come se stesse lì sopra con gli attori.
Raccontare “Parlami di Me” solo dal punto di vista dello spettatore sarebbe stato limitativo, perché non avrei colto quello che si sente quando si è veramente là, l’energia che proviene dal palco, dagli odori, dalle luci…
Tutto questo è stato possibile soltanto dopo visioni, visioni, visioni dello spettacolo e dopo un grande lavoro di preparazione. La prima volta che ho visto “Parlami di Me” è stato all’Augusteo a Napoli, una città che amo, la città di nonno, quella che amano di più i miei genitori. L’ho visto un po’ come un segno del destino. Ho dei ricordi bellissimi, perché dopo li ho seguiti un po’ a Milano, a Firenze e in vari teatri in Italia.
Per questa trasposizione cinematografica ho scritto un piccolo prologo inedito, ed un epilogo. In una notte fredda e un po’ misteriosa, entriamo in un teatro vuoto, scoprendo un microcosmo carico di energie di attori passati e show celebrati, odori ancora attaccati alla platea e vivi, presenze, fantasmi.
Il teatro è il protagonista assoluto di questo spettacolo ed è per questo che ho voluto aprire il film proprio con esso. E’ eccitante l’attesa che si prova prima che le luci si spengano, quando il daylight dell’occhio di bue s’infiamma. Il teatro dà il benvenuto a mio padre, alla sua compagnia, alla sua musica, ai suoi ricordi. Ed è il palco la madre che ha generato lo showman che è oggi mio padre, il cinema è stato solo una felice conseguenza.
Io non sarei stato in grado di fare da solo tutto questo, ho avuto una troupe stupenda che mi ha aiutato e mi ha supportato in ogni singolo momento. Abbiamo avuto tre giorni di tempo per girarlo e poiché c’erano 22 elementi di orchestra, 14 ballerini, un sacco di attori in scena abbiamo dovuto usare ben 8 videocamere ad alta definizione. Alla fine avevamo 78 ore di girato. Per fortuna tutto bellissimo. Ma io ho anche il mio angelo custode, il mio migliore amico, il montatore Edoardo Brizio. Spesso si va a lavorare con gente estranea, ci sono troupe, registi, attori e sceneggiatori che vengono da mondi diversi. Per me, in vari momenti, è stato come se non stessimo più girando un film, ma come se fossimo a casa a giocare, come ho sempre fatto, con le mie telecamere e i miei attori, ossia mia madre e mia sorella.

Brando De Sica