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Note di regia del film "Mi Fido di Te"


Note di regia del film
La prima volta che ho incontrato Ale e Franz era il Natale del 2005. Avevano un’idea per un film e volevano conoscermi, questa era l’unica cosa che sapevo.
Mi hanno dato appuntamento in un posto incredibile all’estrema periferia est della città, un seminterrato delle ferrovie ricavato sotto i binari, con i treni che passano sopra il soffitto a pochi centimetri dalla tua testa. Il loro era l’ultimo portone in fondo a una via che finisce direttamente contro un muro oltre il quale non c’è più niente. E’ il muro che, per quanto ne sappiamo, segna il confine tra Milano e il Nulla. Davanti al portone c’è una madonnina di gesso sporco a cui sono devoti i barboni della città; di fianco, un ricovero di senzatetto e una mensa dei poveri, i cui avanzi attirano centinaia di piccioni malati che passano lì la notte e le ultime ore della loro vita. E vi giuro che non sto inventando niente.
Ho aperto il portone e sono entrato. Si trattava di uno stanzone sterminato, una specie di deposito, col soffitto nero, senza riscaldamento. Lo stanzone era completamente vuoto ad eccezione di un tavolo da pic nic e cinque sedie di plastica. E sulle sedie di plastica, Ale e Franz.
Mai e poi mai avrei sospettato che a un posto così mi sarei affezionato così tanto.
Pochi giorni dopo, eravamo già lì, chini sul tavolo da pic nic, a iniziare a scrivere il trattamento di quello che sarebbe diventato il nostro film, col tacito accordo che se non ci fossimo trovati bene ce lo saremmo detti subito, senza problemi. Dopo mezz’ora di lavoro, sembrava che non avessimo fatto altro nella vita che scrivere film insieme, come se ci conoscessimo da sempre. Mezz’ora di lavoro e già stavamo litigando sui dettagli, come si fa tra amici che si fidano e si conoscono troppo bene per perdere tempo con i convenevoli.
Non è una cosa che succede spesso. Non succede quasi mai, a dire il vero.
Due giorni dopo, Ale si è presentato con una macchinetta del caffè (senza ombra di dubbio il caffè più cattivo del mondo, ma questo non è importantissimo); io ho portato la Nutella e il Kinder Bueno; Franz un mocio Vileda con cui ha pulito il pavimento; Mauro Spinelli ha sistemato il riscaldamento portando la temperatura a +16 gradi; Walter Fontana, come sempre, ci ha inondato di Alpenliebe e intelligenza. Le cose cominciavano a funzionare.
Poi, un giorno che nevicava forte, sono arrivato e ho visto Ale davanti al portone in maniche di camicia a zero gradi. Era in cima a una scala arrugginita che Mauro gli teneva ferma e aveva in mano un martello e un foglio di plexiglass. Stava costruendo una tettoia, mi ha spiegato, così avrei potuto parcheggiarci la Vespa al riparo dalle cacche dei piccioni.
Lì ho capito che questo film aveva qualcosa di speciale.

Massimo Venier