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Note di regia del film "L'Amore Non Basta"


Note di regia del film
Personalmente una storia viene fuori dallo stomaco, dalla necessità di scandagliare delle sensazioni che albergano nel profondo dell’animo, sensazioni che continuano a bruciare dentro finché non è più possibile contenerle; sensazioni sicuramente personali ma che nello stesso tempo vanno oltre la sfera privata e pretendono di rappresentare una porzione, non so quanto grande, di umanità. L’urgenza di dare spazio a questo si trova alla base della storia che ho scritto e diretto.
"L’Amore Non Basta" racconta di Angelo e Martina, di Fernando e Marit, di Nicola ed Angelo, di persone che si amano in maniera diversa, con tutte le sfumature che la parola amore contiene, ma che nonostante questo non riescono ad incontrarsi e comprendersi pienamente. Più in generale è la storia dell’individuo nella società moderna; un individuo che potrebbe avere qualsiasi età e potrebbe appartenere a qualsiasi classe, una società in cui il rapporto interpersonale sta scomparendo.
"L’Amore Non Basta" è un “dramma” che contrariamente a come dovrebbe essere (dramis è l’azione) non progredisce; è un accadere che non porta con sé sviluppi; è un rapporto-non rapporto tra i personaggi: quello che si dicono non è altro che un monologo mascherato in forma dialogica.
Ho cercato di rappresentare la sospensione, la non definizione, la crisi dei rapporti presenti nella sceneggiatura con un linguaggio cinematografico basato sulla perdita di fuoco dei personaggi, sulla non centralità dell’attore all’interno dell’inquadratura, sulla costruzione di un ritmo diverso del mondo che scorre intorno ai protagonisti del racconto.
Ho adoperato un registro comico ed ironico perché, sempre a mio modo di vedere, è attraverso la commedia e l’ironia che si possono amplificare e sottolineare in maniera più forte situazioni tragiche e dolorose.
Ho diretto alcuni momenti della sceneggiatura verso il grottesco, amplificando ed esasperando delle situazioni per raggiungere un effetto satirico. Northon Fry nel suo saggio Anatomia della critica sottolinea più volte come dalla esasperazione di una situazione si possa ottenere la satira.
In ultimo la decisione di non chiudere la storia è dovuta ad un gusto personale; non obbligatoriamente nel cinema si deve raccontare qualcosa che abbia uno sviluppo drammaturgico lineare con concatenazioni di causa ed effetto; personalmente preferisco soffermarmi su spaccati di vita che restano in sospeso; in questo trovo esemplificativa la frase di Italo Calvino “…mi sembra che ormai esistano solo storie che restano in sospeso e si perdono per strada”, frase che sinteticamente potrebbe rappresentare il filo conduttore del mio film.

Stefano Chiantini