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Note di regia del film "La Velocità della Luce"


Note di regia del film
Una scena del film "La Velocità della Luce"
Le mie prime esperienze cinematografiche si sono formate in mezzo alle sparatorie dei western italiani di serie b a cavallo degli anni sessanta, film che per me erano bellissimi. Anzi, poiché erano la maggioranza dei film che si producevano in quel periodo credevo che al cinema ci fossero solo i film western, e non capivo perché li chiamassero con disprezzo spaghetti western, durante i quali due uomini si sfidavano senza sapere perché: uno più giovane, l’allievo, e un altro più anziano, il maestro. Ogni tanto, però, tra cavalcate e sparatorie cerano sempre quelle strane scene, ce ne era una in ogni film, durante le quali un uomo e una donna si abbracciavano ed io non capivo perché, e soprattutto cosa c’entrassero. Forse nasce da questo personale vissuto infantile la struttura immaginifica di questo piccolo film ambizioso.
"La Velocità della Luce" parte da un’ iperbole narrativa per mettere il naso nella realtà mediante una struttura semplicissima che non costringe a relazioni interpersonali troppo intricate. Una semplice struttura noir – un ladro d’auto ipocondriaco, un ambiguo chirurgo, una giovane telefonista maliziosa e sprovveduta – si propone di approfondire ancora una volta aspetti della zone grigie dell’animo umano, la sua aggressività spesso ricoperta da parole d’amore.
I dialoghi tra i personaggi, quasi una seduta psicanalitica, si svolgono all’interno di quelle ipnotiche arterie moderne che sono le autostrade, lungo le quali il tempo si dilata e ci si predispone ad una maggior curiosità e disponibilità verso il mondo e le sue voci nascoste.
I fisici sostengono che la velocità della luce non può essere superata. E’ un limite che gioca col tempo, un confine, un vincolo che detta regole note e ignote. La velocità della luce è strutturato in molteplici livelli ma nella messa in scena ci si è preoccupati di dare coerenza agli avvenimenti in modo da non disorientare lo spettatore che deve potersi identificare in un ambiente a lui noto come può essere quello che si incontra in occasione di un (apparentemente banale) viaggio autostradale, con le sue tappe, i suoi riti e i personaggi che ogni giorno ci lavorano ai quali si è voluto rendere un piccolo omaggio. Con lo sceneggiatore Gualtiero Rosella si è pensato che questo tipo di migrazione moderna, intermittente, potesse essere un comodo contenitore di un racconto su alcune inquietudini contemporanee. L’obbiettivo era quello di ipnotizzare lo spettatore con un complesso lavoro sulle luci e sulle voci degli attori, consentendo in questo modo di veicolare di nascosto informazioni e temi più complessi.
"La Velocità della Luce" è un film sulla conoscenza dell’altro, sulla separazione, sull’inarrestabilità delle emozioni, delle decisioni. Degli avvenimenti che ci fanno correre, da protagonisti, anche dove non vogliamo.

Andrea Papini