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Note di regia del film "Come Prima"


Note di regia del film
Cederna e Locatelli sul set di "Come Prima"
Schematicamente possiamo dividere la storia di Andrea in due fasi: Andrea torna a casa dopo l’ospedale e la riabilitazione; all’inizio è piuttosto confuso, smarrito, pessimista. Fatica ad accettare il cambiamento, a riadattarsi alla quotidianità, ad affrontare le persone, la città…
Credo che chiunque subisca un trauma del genere affronti più o meno gli stessi problemi, abbia gli stessi scontri, le stesse debolezze.
Andrea subisce l’incidente nell’età forse più difficile, problematica: quasi tutti gli adolescenti vivono male l’età di passaggio verso quella adulta, spesso non accettano il loro corpo e guardano al presente e al futuro con incertezza. Per Andrea la situazione si complica, proprio in una fase della vita di scelte e di “costruzione”.
La storia di Andrea è positiva; il finale è aperto, non è un classico “lieto fine”, ma sicuramente ottimista. Il messaggio è che comunque, disabili o no, la vita riserva a tutti cose belle e cose brutte, e, seduti o in piedi, vanno affrontate.
Vorrei che le persone non pensino ai disabili come “poverini”, sfortunati, deboli; certo un handicap fisico può essere limitante, ma il valore di una persona, o il “grado di felicità” non si misura su quei limiti, che spesso anzi sono dovuti a mancanze indipendenti dai disabili stessi (le barriere architettoniche ad esempio). Una persona, qualunque sia la propria condizione fisica, ha un valore unico, per i suoi sentimenti, le sua passioni, i suoi difetti; so che può essere considerato un concetto scontato, banale, ma mi rendo conto invece che non lo è affatto, neppure per i disabili stessi; molti vedono una soluzione ai propri problemi possibile solo con la scomparsa della loro disabilità, e dimenticano di coltivare i propri interessi, di crescere, di realizzarsi così come sono.
Non ha senso, a mio avviso, sperare in breve tempo nei miracoli della medicina: è importante che la ricerca perseveri, che in un prossimo futuro scompaiano molte disabilità ora permanenti, ma, oggettivamente, oggi i disabili dovrebbero vivere al massimo delle loro possibilità, senza vanificare il loro tempo in sterili speranze o piagnistei.
Lo spazio dedicato alle diversità nel cinema è poco e soprattutto deviato, deviato da una visione deformante della realtà. Il disabile nei film deve essere sempre e per forza una persona “speciale”, una ricchezza da imparare ad apprezzare; c’è sempre spazio per quel personaggio sfortunato che prende coscienza della sua sfortuna, della sua diversità e che è depositario di una verità filosofica da comunicare a qualcuno.
Nel mio film il ragazzo disabile non sarà “speciale”, o se lo sarà non lo sarà di certo in quanto disabile, lo sarà invece nella misura in cui lo sono i suoi coetanei, lo sarà come ragazzo di diciassette anni che cerca una strada, lo sarà come lo sono tutti gli altri e lo sarà come lo è il mondo, abitato da personaggi belli, attraenti, malvagi, ottusi, onesti, divertenti, sgraziati: sarà una voce, un corpo e un’anima come tante altre nel cinema, parlerà di se in modo naturale e troverà una strada proprio grazie a questo.

Mirko Locatelli