Fondazione Fare Cinema
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Luca Corbellini  (03/10/2010 @ 08:43)
Dopo il successo ottenuto a Venezia č uscito ieri nelle sale italiane il film di Ascanio Celestini “la pecora nera”, adattamento cinematografico dell’omonimo libro scritto dallo stesso Celestini. Argomento non facile da riprodurre sullo schermo, che non necessita di effetti speciali tipo “Inception”, ma che ha bisogno di una forte e sensibile rappresentazione associata all’incursione diretta e vera nei manicomi o centri riabilitativi come vengono chiamati oggi. Dobbiamo dare merito al regista che con la sua splendida interpretazione ci ha permesso di condividere, anche con qualche sorriso perň molto triste ed amaro, la vera sofferenza che queste persone sono obbligate ad affrontare giorno dopo giorno, tra manie, allucinazioni ed umiliazioni. E’ la storia di Nicola, come di tante altre persone, che forse giudicato molto presto un bambino strano, vuoi per la madre giŕ malata di mente e con l’abbandono da parte del padre, non viene aiutato a comprendere e a superare l’origine dei suoi stati d’animo che sono diversi dai bambini della sua etŕ. E per questo scorre inesorabile sulla pellicola un lento calvario per Nicola di emarginazione fino alla triste consapevolezza finale di essere veramente malato, con l’esplosione in modo maniacale di tutte le sue “deviazioni” represse per anni. Il film non risulta comunque essere un’accusa ma una precisa memoria storica di quel periodo dove la “scossa elettrica” sembrava l’unica soluzione per far addormentare queste persone che non erano definite normali.

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