Fondazione Fare Cinema
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Nadi Hassan  (30/01/2007 @ 22:42)
Ottima regia, bravi gli attori da Lo Cascio alla Sansa ma il film scorre lento senza suspense e senza colpi di scena, caratterizzato da un eccessivo "intelletualismo" che è il limite di molte pellicole d'autore italiane perchè le rende poco accessibili al grande pubblico.
Carolina Capria  (07/02/2006 @ 00:00)
Questo film mi doveva piacere eppure questo film non mi è piaciuto. Le intenzioni erano chiare e pregevoli: rileggere una storia recente, di cui sembra si parli tanto ma sulla quale in realtà non si dice mai niente, permettendo ad una parte (giustamente? volontariamente?) costretta al silenzio, di offrire il proprio punto di vista, di mostrare le incrinature e le contraddizioni intestine. Si tenta di fare vedere che il Male, in questo caso quello istituzionalmente e popolarmente riconosciuto come tale, non è un blocco monolitico, ha in sé la coscienza e la sofferenza del male, ha il volto comune della gente che incroci e lo sguardo insicuro di ogni essere umano. Magnifico spunto. Pessimo risultato. Se lo si prova a scomporre diventa impossibile criticarlo. Raffinata la regia; originale il montaggio; bello lasciare distendere il racconto sui contrasti che il titolo (manipolazione di una poesia di E. Dickinson) annuncia, luce/ombra, aperto/chiuso; coinvolgente la scelta di basare la narrazione sulla profondità degli sguardi; lodevole l’impegno di narrare un fatto fin troppo manipolato scegliendo un’angolazione e mantenendola; intense quasi tutte le interpretazioni; volutamente moderato ed esaustivo il supporto dei filmati d’epoca. Il conto non torna e “2+2=5”. Quello che falsa il calcolo e un accidentale senso del grottesco. Muove ad un sorriso amaro la scelta della terrorista, unica donna, come sola depositaria di sentimenti umani e dubbi, caratterizzazione antistorica, considerata la poco successiva uccisione di Vittorio Bachelet , banale e stantia. Scorre per tutto il film un umorismo non programmato che straripa in alcuni punti: l’ipnotica recita davanti la tv ( “la classe operaia deve dirigere tutto”), la scena della seduta spiritica di cui ancora non so dire motivo e obiettivo, le movenze chapliniane di Moro... Altro crollo lo provoca la confusione dovuta ai troppi passaggi fra la descrizione della realtà e l’onirica possibilità che ad essa ci sia un’alternativa, spesso nebbiosi e confusi, che stimolano il disinteresse più che la partecipazione. A parte un pò di noia, di quella sopportabile, rimane il rammarico per quello che avrebbe potuto essere se si fossero messi in gioco sentimenti meno freddi e se si fosse rinunciato a sfidare l’asettica perfezione. Era il momento giusto.

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