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Filippo Infuso  (06/07/2008 @ 18:34)
Un film stupendo! A quando un nuovo film di Castellitto come regista?! Grande Sergio!!!!!
Daniele Zingaro  (20/06/2007 @ 15:44)
Che grande Penelope Cruz! Un bel film!
Francesco Chiti  (17/09/2006 @ 00:00)
Castellitto-Cruz in attacco, Mazzantini dietro le punte. Un'ottima storia d'amore.
Simone Pinchiorri  (10/09/2006 @ 17:07)
Un film eccezionale, assolutamente da non perdere. Sergio Castellitto e Penelope Cruz formano una coppia incredibile davanti alla telecamera !
Daniele Baroncelli  (05/09/2006 @ 02:40)
Penelope Cruz si meriterebbe l'oscar per questo film.
Simone Cosimi  (07/02/2006 @ 00:00)
Sugli interpreti c’è solo da dire una cosa: commoventi. Sulla storia, il giudizio l’hanno già dato le centinaia di migliaia di lettori che hanno acquistato il romanzo omonimo di Margaret Mazzantini dal quale il film è tratto. “Non ti muovere” è un grande film. E’ un film “potente” in quanto a passioni, seppur privo di forti e fluidi nessi narrativi. E’ un film che segna varie svolte: quella di Castellitto come attore – è il nuovo Mastroianni, anche se in tono minore - e, soprattutto, come regista. Quella di Claudia Gerini, finalmente – e con gioia – in un ruolo di spessore. Quello di Penélope Cruz, che a costo di sembrare a corto di attributi, definiamo ancora una volta commovente. Eppure rischiava di finire bruciata, una storia ostile e feroce ma anche enormemente appassionante come questa, se nelle mani di interpreti sbagliati. Così non è stato. Tutto perfetto. Da Castellitto, nei panni del chirurgo dalla vita ovattata Timoteo, alla Gerini nel ruolo della “disattenta” moglie Elsa. Fino agli interpreti secondari – che secondari non sono – come la straordinaria Angela Finocchiaro, nel ruolo dell’infermiera Ada e Marco Giallini, che è Manlio, l’amico e collega di Timoteo. Ma la scommessa era tutta sulla Cruz. Perché “Non ti muovere” si regge tutto su di lei e su Castellitto. Gira tutto su di lei. Brutta, esile, un rottame: eppure affascinante, devastante, ha messo tutto nel suo personaggio. Una pellicola pregna d’amarezza e di polvere. Puntuali – anche troppo – le location scelte dal regista: siamo nel libro, nel romanzo. Palombari del cinema. Letteratura e cinematografia si fondono. Forse è la prima volta che non arriccio il naso dopo aver assistito ad un film tratto da un romanzo. Perché gli interpreti “sono” il romanzo ed il romanzo è “fatto” film. La storia è ormai nota: Angela cade dal motorino e viene trasportata all’ospedale dove lavora il padre Timoteo. Riporta gravi emorragie cerebrali, ma non sarà il padre ad operarla. Mentre Angela è in sala operatoria, Timoteo si lascia andare ad una spietata confessione prima destinata a se stesso e poi a quelli che lo circondano. Confessione di una storia di tanti anni prima, e di una morte, quella di Italia, il rottame umano che ha amato più di ogni altra persona, che segnerà la sua esistenza e che, come in una dimensione parallela, rivive nel momento in cui di morte potrebbe arrivarne un’altra: quella della figlia. Che era stato poi, quindici anni prima, l’unico appiglio per cui Timoteo era rimasto con Elsa, la moglie. Un film da prendere ed assaporare senza riserve, andando via coi minuti proprio come con un romanzo, scortati da interpretazioni impeccabili. Un film che ci dice come “chi ci ama c’è sempre: prima e dopo di noi”. Un urlo – intimo – di speranza e di amore. Semplicemente Amore.

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