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Nadi Hassan  (02/02/2007 @ 21:36)
Brava la Mezzogiorno, fa il suo senza entusiasmare Raoul Bova. Pellicola gradevole anche se un pò melensa e non certo originalissima. Comunque un film di qualità e ben girato da Ozpetek.
Francesco Chiti  (17/09/2006 @ 19:52)
Una banale storia romantica contaminata da spunti interessanti
Max Osini  (07/02/2006 @ 00:00)
Forse dovremmo solo metterci il cuore in pace e accettare il nostro tragico destino di spettatori destinati a subire l'invasione periodica del duo Muccino - Ozpetek. E se il termine invasione può sembrare esagerato visto che si sta parlando di due soli registi, basta pensare a come siano stati pubblicizzati, discussi e distribuiti i loro film per rendersi conto che si tratta quanto meno di una situazione di monopolio. Ozpetek poi, dopo la vittoria dei David, è ritornato in cartellone per un mese abbondante e viene da chiedersi a cosa serva recensirlo dato che è molto probabile che chiunque fosse minimamente interessato ha già visto questo film. 'La finestra di fronte' contiene essenzialmente due vicende, un giallo e una storia d'amore. Da un lato vi è un'indagine che tenta di scoprire l'identità di un uomo e il suo passato, dall'altro l'ennesima variazione del tema Hitchcockiano della finestra che si apre su altre realtà. Queste realtà sono in vero molto scontate: Giovanna Mezzogiorno è una donna che ha rinunciato a tutti i sogni e che ora porta sulle spalle il peso di una famiglia; suo marito è un fallito qualunque senza un'occupazione fissa e probabilmente incapace di conquistarsela; Raul Bova è il principe azzurro di turno, il desiderio inconfessabile che vive nella casa di fronte; Massimo Girotti uno smemorato che si porta dentro un dramma del tempo della guerra e che inserisce nella storia il tema dell'olocausto. Ferzan Ozpetek conferma quindi solo in minima parte le promesse del suo precedente 'Le fate ignoranti'. Se tutto sommato la tecnica registica è accettabile e gli interpreti dignitosi, 'La finestra di fronte' si struttura su diversi temi, troppi per coesistere armoniosamente e per di più ultra abusati. Personalmente non posso veramente più di pagare il biglietto per assistere a malesseri familiari, storie d'amore convenzionali e soprattutto a rievocazioni patinate del dramma delle persecuzioni subite dal popolo ebraico (fenomeno che gli americani chiamano con il termine Holocaust Maquillage). Non c'è dubbio che sia questo il nuovo cinema di consumo destinato al pubblico italiano, un cinema cannibale che si nutre di tutte le frustrazioni e desideri di una borghesia italiana sempre più alla deriva intellettuale e che va incontro al senso estetico dello spettatore con inquadrature e stilemi ammiccanti al suo gusto medio.

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