Fondazione Fare Cinema
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locandina di "Noi, Zagor"

Cast

Con:
Gallieno Ferri (Ideatore Grafico di Zagor)
Moreno Burattini (Curatore di Zagor)
Giulio Giorello (Filosofo)
Graziano Romani (Musicista)
Pierluigi Gaspa (Critico, Traduttore, Sceneggiatore)
Luca Boschi (Critico)
Mauro Boselli (Sceneggiatore)
Jacopo Rauch (Sceneggiatore)
Gianni Sedioli (Disegnatore)
Marcello Mangiantini (Disegnatore)
Marco Verni (Disegnatore)
Davide Bonelli (Figlio di Sergio, Direttore Generale della Sergio Bonelli Editore)
Ornella Castellini (Segretaria di Redazione)
Mauro Marcheselli (Direttore della Sergio Bonelli Editore)

Soggetto:
Riccardo Jacopino

Sceneggiatura:
Riccardo Jacopino
Giovanni Iozzi (Collaborazione)

Musiche:
Marzio Benelli

Montaggio:
Riccardo Jacopino
Stefano Cecchi

Fotografia:
David Becheri

Suono:
Manuela Patti
Giulio Cercato (Mix audio)

Operatore:
Emanuele Tassi

Consulenza al Progetto:
Moreno Burattini

Grafica:
Eleonora Fossi

Noi, Zagor


Regia: Riccardo Jacopino
Anno di produzione: 2013
Durata: 70'
Tipologia: documentario
Genere: arte/sociale
Paese: Italia
Produzione: Arcobaleno Produzioni; in collaborazione con Sergio Bonelli Editore
Distributore: Microcinema
Data di uscita: 22/10/2013
Formato di ripresa: HD 16/9
Post Produzione: Post produzione video a cura della Videoteam di Prato ed Augustus Color di Roma. Post produzione audio a cura dello Studioemme Recording di Firenze ed Augustus Color di Roma.
Formato di proiezione: DCP, colore
Ufficio Stampa: Ornato Comunicazione / Quattrozeroquattro / Nextpress
Titolo originale: Noi, Zagor

Recensioni di :
- NOI, ZAGOR - Il personaggio diventa mito

Sinossi: Un piccolo miracolo editoriale. Così Mauro Marcheselli, direttore della Sergio Bonelli Editore, definisce Zagor “lo Spirito con la Scure”, il personaggio a fumetti creato oltre cinquanta anni fa dallo stesso Sergio Bonelli, sotto l’alias di Guido Nolitta, e dal disegnatore Gallieno Ferri.
Di tutte le testate della Bonelli, la più grande Factory di Comics in Europa, Zagor è l’unica che, nella crisi globale del settore, è in crescita rispetto al numero di copie vendute. Si calcola che in Italia siano ottantamila i fan di Zagor e dell’inseparabile Cico, senza contare quelli di Brasile, Croazia, Serbia, Spagna e Turchia.
Qual è il segreto di questa longevità e vitalità? Cosa affascina di questo personaggio da tenere incatenati migliaia di lettori per anni e conquistarne di nuovi? Chi sono coloro che a Zagor danno vita?
A queste domande risponde “Noi, Zagor”: film evento, film-documentario, o meglio documento raro, scritto e diretto da Riccardo Jacopino.
Il racconto filmico si articola attraverso le parole di autori, sceneggiatori, disegnatori, critici, fan e lettori. Ripercorre la storia di Zagor. Dal 1961 - quando Sergio Bonelli e Gallieno Ferri pieni di idee ed entusiasmo iniziano a dare vita al personaggio - fino ad arrivare ai giorni nostri. Un presente che sotto la lente attenta del curatore Moreno Burattini vede ancora Zagor, come un grande protagonista della foresta di Darkwood, teatro principale delle sue avventure. Di Zagor, in questo film-documento, si raccontano le suggestioni e le influenze che innescano il suo processo creativo, i meccanismi che fanno nascere la complicità con i suoi lettori, i tratti che lo rendono universale, eroe epico o più semplicemente un compagno d’avventure. Si entra nella fabbrica di Zagor, nelle case di disegnatori e scrittori, nella redazione della Bonelli, dove impegno, accuratezza e passione sono gli elementi alla base del successo di ogni singolo albo.
“Noi, Zagor” è un titolo che allude a una dimensione comunitaria. Una comunità, o meglio una tribù, che ha ancora tanta voglia di essere viva. Un’esperienza, di arte e di valori, lasciata in eredità dal grande e indimenticabile Sergio Bonelli.

Sito Web: http://

Note:
Il personaggio Zagor è stato creato da Sergio Bonelli e realizzato graficamente da Gallieno Ferri.

IL MIO NOME È ZAGOR
ZA-GOR-TE-NAY, LO SPIRITO CON LA SCURE, L'INVINCIBILE GIUSTIZIERE DI DARKWOOD

Il suo vero nome è Patrick Wilding, ma gli indiani lo chiamano Za-gor-te-nay, "Lo Spirito con la Scure". Sulla Vecchia Frontiera americana della prima metà del diciannovesimo secolo, Zagor si batte per mantenere la pace, proteggere le tribù indiane e dare la caccia ai criminali.
Figlio di un ufficiale dell'esercito ritiratosi a vivere da pioniere nei boschi del Nord-Est, Patrick Wilding vede morire i genitori per mano di una banda di indiani Abenaki, guidati da Salomon Kinsky. Raccolto da un bizzarro filosofo vagabondo che si fa chiamare Wandering Fitzy e che gli fa da maestro, il ragazzo cresce desiderando la vendetta. Quando riesce ad attuarla, scopre però, che il padre era stato a sua volta un massacratore di indiani e comprende la relatività dei concetti di Bene e Male. Questo lo spinge a trasformarsi (complice una famiglia di saltimbanchi, i Sullivan, che ne curano il "look") in Za-gor-te-nay o, più brevemente Zagor: una sorta di giustiziere sempre pronto a schierarsi dalla parte dei più deboli e degli oppressi.
Presa dimora in una capanna costruita su un isolotto circondato dalle sabbie mobili, in una palude della foresta di Darkwood, Zagor inizia la sua opera pacificatrice, mitizzato dagli indiani che lo ritengono uno spirito immortale e rispettato dai bianchi che ben ne conoscono le capacità.
L’eroe Zagor indossa il suo inconfondibile costume rosso dalla foggia indiana, con il simbolo dell'Uccello Tuono sul petto e combatte per la Giustizia, usando la pistola, ma soprattutto una scure di pietra che maneggia con incredibile destrezza. Agile, forte e atletico, Zagor sfrutta queste sue doti per far credere di essere un messaggero di pace del Grande Spirito. Non è un solitario e arrogante giustiziere: al contrario! leale, generoso e dotato di un animo vagabondo, Zagor ha numerosi amici ed è sempre pronto ad accorrere, accompagnato dal fedele amico Cico, dovunque ci sia bisogno di lui. Terrorizza i malvagi mettendoli in fuga al suo grido di battaglia!
Con questi elementi che mescolano abilmente Tarzan, Davy Crockett e l'Uomo Mascherato, Sergio Bonelli, sotto lo pseudonimo di Guido Nolitta, ha dato vita nel 1961, ad una saga che ancora oggi è in continua evoluzione.
Zagor ha saputo conquistare i favori di un numerosissimo pubblico, grazie anche alla varietà e molteplicità delle storie che, partendo da una ambientazione western da Vecchia Frontiera, rendono le sue vicende avventurose e sempre diverse, spaziando dall’ horror alla fantascienza, dalla magia al giallo.
Il personaggio è stato creato graficamente dall'abile mano di Gallieno Ferri.

NOTA DELL’EDITORE SERGIO BONELLI SU ZAGOR
Zagor va oltre i limiti di un genere preciso, quello western, ma viene contaminato da suggestioni della più diversa provenienza. Se proprio vogliamo trovare una definizione, preferisco pensarlo, più genericamente, come un fumetto "d'avventura".
Ambientarlo nell’immaginaria foresta di Darkwood è stata una felice intuizione: dal momento che volevo realizzare storie fantasiose non legate a precisi schemi storici e geografici come in Tex, mi sembrò giusto inventare un mondo fantastico e irreale, un po' come succedeva con Flash Gordon negli anni Trenta e un po' come accade ancora oggi per Conan. Trovo che sia molto importante per uno sceneggiatore avere un mondo immaginario nel quale sbizzarrirsi, senza dover ogni volta spiegare come mai gli scenari cambino così velocemente, avendoli tutti a disposizione. Desideravo che Zagor avesse, come Robin Hood e come Tarzan, un suo regno, una foresta misteriosa. Così ho pensato a Darkwood, una regione immensa, ricca di "ambienti" avventurosi (soprattutto la foresta, ma anche la palude, le montagne, le praterie, le città di frontiera). Darkwood è situata nel mondo della fantasia e non in quello della realtà. Ho cucito addosso al mio personaggio fantastico un ambiente altrettanto fantastico. Gli esploratori del mondo dell'avventura avrebbero, del resto, non pochi problemi nel tracciare mappe precise riguardo a molti altri scenari su cui si muovono gli eroi a fumetti. Prendiamo, per esempio, l'Uomo Mascherato. La Caverna del Teschio, dove abitualmente risiede, si trova nella foresta dei pigmei Bandar, nel Bengala. Secondo gli atlanti geografici, il Bengala è in India. Ma oltre a tigri e raja, l'Uomo Mascherato incontra leoni, tribù negre e beduini. Allora: India o Africa? È chiaro che il Bengala dell'Uomo Mascherato si può trovare solo sull'Atlante della Fantasia. Per un altro magico fumetto degli anni Trenta, Flash Gordon, Alex Raymond inventò addirittura un pianeta, Mongo. Per il suo coraggioso eroe, Raymond mise su Mongo il regno delle foreste, regni volanti, regni di ghiaccio e regni sottomarini: tutto un campionario di paesaggi avventurosi. Insomma: perché limitarsi a creare un personaggio, quando si può creare un universo? Finché si rispettano le regole della logica, del buon gusto e della tensione narrativa, l'esattezza geografica può diventare "elastica" secondo la discrezione dell'autore e la necessità del racconto. In questo nostro pianeta sovrappopolato, dove ormai non c'è più niente da esplorare, la porta della fantasia è sempre aperta sul meraviglioso e sull'ignoto. Zagor nasce, dalla mia autentica passione per il cinema. Non tanto, o non solo, quello con la "C" maiuscola: ma anche, e forse soprattutto, quello dei vecchi B-movies, dei film cosiddetti "di paura", d'orrore, di mistero, di soprannaturale. Il mio amore per il soprannaturale è di vecchia data. Risale a quando ero bambino, a quando andavo al cinema per vedere i film di Frankenstein, dell'Uomo Lupo e di tutti i personaggi che hanno popolato l'universo di celluloide orrorifica degli Anni Quaranta e Cinquanta. Ricordo che l'immagine di Boris Karloff sconvolta dal trucco mi terrorizzò per molte e molte notti, così come l'ombra del mantello di Bela Lugosi mi sembrava dovesse apparire, all'improvviso, sulla parete della mia stanza. A parte la paura, mi divertivo tantissimo perché, e non sono il solo a dirlo, spavento e divertimento vanno, al cinema o sulla pagina stampata, a braccetto e formano un connubio indissolubile. E con il divertimento nacque, in seguito, anche un interesse professionale: quando con il nome-de-plume di Guido Nolitta, cominciai a scrivere sceneggiature, i miei miti cinematografici erano tutti lì, a disposizione, nell'immaginario scaffale della memoria. Non dovevo far altro che creare un'occasione, un contesto perché prendessero vita anche sulle pagine di un fumetto e Zagor è stata l'occasione prima per poter dare sfogo a questa mia inclinazione. 

NOTA DI GALLIENO FERRI SU ZAGOR
Dopo oltre cinquant’anni trascorsi a disegnare Zagor forse ho battuto qualche record, ma in realtà non ho mai avuto dei momenti di saturazione, occasioni in cui avrei voluto realizzare qualcosa di diverso. 
Zagor è un fumetto in cui gli argomenti cambiano continuamente, per cui ogni storia è differente dalle altre. Mi reputo molto fortunato a fare un lavoro creativo, che dà continuamente nuovi stimoli e che permette di volare con la fantasia, di evadere dalla realtà. Sicuramente Zagor mi ha aiutato in molti frangenti, dandomi serenità o motivazioni quando serviva averne. Non ho mai disegnato senza sentirmi coinvolto in ciò che facevo. I lettori di Zagor premiano con il loro applauso i disegnatori che cercano di avvicinarsi a me più di quelli che cercano una linea grafica diversa, segno che il personaggio viene identificato con il mio stile. Zagor, in fondo, sono io.

NOTA DI MORENO BURATTINI SU ZAGOR
Nel settembre del 2006, a Randy Pausch, un professore di informatica presso la Carnegie Mellon University di Pittsburgh, in Pennsylvania, fu diagnosticata una malattia incurabile, che lo portò alla morte nel luglio del 2008. Il 18 settembre 2007 l’insegnante tenne la sua ultima lezione, davanti a quattrocento studenti. Da quell’esperienza sono nati un libro, “Last Lecture”, e un video che è divenuto un vero e proprio evento mediatico. In essi, Pausch, nonostante il proprio dramma personale, sa essere diretto, sincero, coinvolgente e persino divertente. Uno dei suoi consigli alla platea è l’invito a cercare di realizzare i propri sogni d’infanzia. “Io sognavo, sognavo sempre”, dice Randy a un certo punto. E mostra le sue foto da bambino e da ragazzo: “Non sono riuscito a trovarne una in cui non stessi sorridendo”. Anch’io potrei dire la stessa cosa. Zagor mi ha fatto vivere mille sogni e ne ha avverato uno, quando, da ragazzo, leggevo le avventure scritte da Guido Nolitta e avrei dato chissà cosa per potere, un giorno, raccontare anch'io storie così belle. Il destino (o chi per lui) me ne ha dato la possibilità. La storia del mio “imprinting” zagoriano è, in realtà, quella di tantissimi altri ragazzi, affascinati e rapiti dalle storie che Guido Nolitta, mese dopo mese, per quasi vent’anni ha inanellato in una serie che sembrava non dovesse avere mai fine. Chi ha letto nei miei stessi anni le avventure dello Zagor dell'Epoca d'Oro (c'è sempre una golden age nella nostalgia di ciascuno) non potrà mai dimenticare le insidie di Hellingen, la minaccia del Re delle Aquile, il dramma dell'Odissea Americana e le tante altre fantastiche avventure disegnate da Gallieno Ferri.
Qualche anno fa, nella rubrica della Posta di uno degli albi dell'eroe di Darkwood, un lettore confidava a Sergio Bonelli: "So di aver avuto un'infanzia splendida, grazie a Zagor".  Le stesse parole che avrei voluto scrivere io. Magari io sognavo, fra le tante altre cose, di diventare uno scrittore, ma ad altri sarà capitato di volare con la fantasia in terre lontane, viaggiare in paesi esotici, vivere nella foresta a contatto con la natura, incontrare amici con cui condividere esperienze emozionanti, poter vagare e condurre un’esistenza libera dai vincoli, talvolta opprimenti, della società contemporanea. “Io mi sento come Zagor”, canta persino Ligabue in “Freddo cane in questa palude”. Sentirsi come Zagor: capace anche di vivere libero, di reagire ai soprusi, di lottare per ciò che si ritiene giusto ma, cosa importantissima, non ritenendo niente giusto a priori, perché nessuno ha la privativa della bandiera della verità e anche i mostri hanno diritto alla redenzione. La vita gliel’ha insegnato, a Patrick Wilding (questo il vero nome del nostro eroe): gli assassini di suo padre si erano voluti vendicare di una strage da lui compiuta a loro danno, in anni passati, e la dura vendetta del giovane ha di nuovo riportato in disparità il piatto della bilancia, rischiando di innescare una spirale d’odio senza fine. E citando il nome “Patrick” non riesco a trattenere un sorriso di autocompiacimento: quel nome gliel’ho dato io. Nolitta non ci aveva mai pensato.


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