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LOCARNO 70 - Jacques Tourneur, maestro del cinema del fantastico


Sei domande al critico cinematografico e saggista Alberto Castellano sulla retrospettiva dell’attore e regista Jacques Tourneur (Parigi 1904 – Bergerac, 19 dicembre 1977).


LOCARNO 70 - Jacques Tourneur, maestro del cinema del fantastico
Il bacio della pantera
A Jacques Tourneur Locarno Festival 2017 ha dedicato una retrospettiva completa di tutti i suoi film - circa una settantina, quelli in francese unicamente 4 - affascinanti nel suo naturalismo poetico e quelli del periodo americano il più importante della sua carriera nel quale ha esplorato tutti i generi cinematografici esportando a Hollywood una sensibilità europea, una maestria artigianale ma anche rivoluzionando il genere fantastico attraverso il mistero del non detto. La ben frequentata retrospettiva locarnese all’insegna della continuità e della rivalutazione di personaggi della settima arte, in particolare americani, ha riscosso consenzi unanimi da parte del pubblico e dei media.

Qual è l’importanza oggi di Tourneur nell’epoca del digitale ?

La retrospettiva dedicata a Tourneur dal Festival di Locarno ha saggiamente riproposto quasi tutti i suoi film in 35 o 16 mm e questo ha consentito sia ai cinefili più anziani che conoscevano già buona parte della sua opera sia a quelli più giovani che magari avevano solo sentito parlare del suo cinema di riassaporare quel fascino perduto della pellicola e di misurare meglio l’artigianalità dell’autore. La digitalizzazione contemporanea di quasi tutto il cinema del passato sicuramente consente di vedere i film in un supporto e un formato che ne possono migliorare la qualità visiva ma non possono mai riprodurre l’essenza di un’epoca. Quindi Tourneur come tanti altri grandi autori americani e non solo del passato non può che ricordarci che esiste un cinema irripetibile e irriproducibile.

Cosa ha particolarmente apprezzato nella retrospettiva locarnese curata da Roberto Turigliatto e Rinaldo Censi?

In linea con la tradizione del Festival di retrospettive complete, filologicamente rigorose e corredate da cataloghi preziosi e stimolanti, quella di Tourneur mi ha fatto conoscere i pochi film che non conoscevo (le prime commedie francesi e qualche film americano inedito). E poi rivedendo alcuni suoi capolavori (il ciclo horror Il bacio della pantera, Ho camminato con uno zombie ecc., Le catene della colpa, Wichita) ho avuto la conferma del suo spessore visivo e narrativo e della sua statura autoriale.

Perché mai il regista di “Tout ça ne vaut pas l’amour” è molto apprezzato non solo da grandi autori quali Scorsese, Dario Argento, Tavernier ed altri, ma anche da scrittori ?

Credo perché molti scrittori lavorano sulle ellissi, sul non-detto, su suggestioni appena suggerite e Tourneur con le sue opere ha dato prova di saper – come pochi – far paura senza far vedere il mostro, il male, la causa e di saper costruire l’orrore nella mente dello spettatore.

Quale influenza ha avuto sull’opera di Tourneur la figura del padre, uno dei più grandi registi del cinema muto americano?

Il padre Maurice da grande del muto sicuramente gli ha trasmesso la sintesi visiva, il ritmo, l’abilità nel dosare l’incisività dell’immagine e l’asciuttezza narrativa.

A cosa è dovuto il rilancio della fama di Tourneur negli anni sessanta ?

Non c’è un motivo particolare secondo me. Semplicemente sono stati i soliti critici francesi ad accorgersi tempestivamente – come hanno fatto per tanti altri registi considerati di serie B o liquidati come bravi artigiani – che in nome della cosiddetta “politique des auteurs” eravamo al cospetto di un autore a tutto tondo qualunque fosse il genere che praticava.

Personalmente come valuta l’opera di Tourneur oggi ?

Un’opera di grande modernità cinematografica, un esempio di come in questo e in altri casi l’approccio artigianale, il low budget, la consapevolezza di usare il mezzo con un preciso obiettivo espressivo possono essere qualità imprescindibili per ritagliarsi uno spazio d’autore nella storia del cinema.

16/08/2017, 13:41

Augusto Orsi