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MONOLITH - Dal graphic novel al film


In sala dal 12 agosto in 200 copie (rimarrà al cinema fino al 20) il film diretto da Ivan Silvestrini


MONOLITH - Dal graphic novel al film
Monolith. Primo tempo
Sono tanti i motivi di interesse che hanno preceduto l'uscita in sala di "Monolith" di Ivan Silvestrini: una nuova distribuzione, Vision Distribution, un genere ancora poco utilizzato in Italia, un'uscita coraggiosa (dal 12 al 20 agosto in 200 copie) e ancora - forse più di tutto - un'origine transmediale che intriga.

Il soggetto del film è di Roberto Recchioni, celebre nel mondo del fumetto per essere l'autore a cui venne affidata la "ripartenza" di Dylan Dog. Doveva essere solo destinata al cinema questa storia, ma per problemi produttivi il destino è cambiato, i soggetti coinvolti pure e così si è deciso di tentare un percorso inedito: da un'unica idea sono nati in contemporanea un fumetto e un film, nessuno dei quali tratto dall'altro ma entrambi inevitabilmente legati.

Diventa per ciò (nell'ordine che capita o si preferisce) leggere il graphic novel edito da Sergio Bonelli e vedere il film, senza dimenticare di fare entrambe le cose: non tanto per evidenziare le differenze nello sviluppo del plot, quanto per farsi affascinare da come lo stesso percorso possa prendere deviazioni uniche se cambia il media con cui lo si racconta.

Già, il plot: una madre viaggia sulla sua auto nel deserto insieme al figlio di 2 anni. Un piccolo incidente in mezzo al nulla la fa uscire dall’abitacolo e in quel frangente il piccolo, involontariamente, si chiude dentro. Non ci sarebbe nulla di troppo grave, se non fosse un’auto, la Monolith, impenetrabile dall’esterno. Salvare il bambino sarò questione di ore, il caldo aumenta e le speranze diminuiscono.

Tante, come detto, le differenze. Le più evidenti: nel film non c'è traccia di tutta la parte iniziale del fumetto, la lite tra i due genitori e la fuga, come anche dell'incontro col serpente; nel graphic novel manca completamente la scena dell'aereo e il passato da cantante della protagonista.

Il tratto leggero e sfumato del disegno contrasta con la nitidezza e l'imponenza delle scenografie del film; il pathos delle reazioni della protagonista su carta è superiore al limitato range di emozioni che la protagonista del film, Katrina Bowden, riesce a offrire; la sospensione del racconto tra una tavola e l'altra differisce non poco, nell'emozionare lo spettatore/lettore, rispetto allo scorrere delle immagini del film (non valorizzato appieno da una scelta musicale poco consona).

Due linguaggi diversi per una stessa storia, due percorsi ugualmente affascinanti per un progetto, "Monolith", che speriamo non resti un unicum nel panorama produttivo italiano.

11/08/2017, 08:08

Carlo Griseri