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PORTO IL VELO ADORO I QUEEN - Intervista a Luisa Porrino


Il documentario tratto da libro di Sumaya Abdel Qader è in sala in Italia grazie al circuito Movieday


PORTO IL VELO ADORO I QUEEN - Intervista a Luisa Porrino
"Porto il velo adoro i Queen" racconta le nuove identità presenti in Italia attraverso gli occhi delle nuove generazioni figlie dell'immigrazione degli anni 70 e 90, identità in bilico tra la cultura del paese di origine e quella italiana. Abbiamo intervistato la regista, Luisa Porrino.

Come è nato il progetto?

Il libro omonimo di Sumaya, a cui il documentario di ispira, l'ho scoperto ormai 6 anni fa: ero curiosa, semplicemente, di scoprire la vita delle mie concittadine "velate", cercavo storie di ragazze di seconda generazione, nate in Italia dalla prima ondata di immigrazione degli anni '70-'80.
Ho iniziato le mie ricerche e ho trovato il libro di Sumaya, l'ho letto e mi è piaciuto moltissimo. Bisogna anche fare riferimento a quella che è stata negli ultimi anni la comunicazione riguardante i musulmani, a causa dei fatti internazionali è tutto più difficile, è diventata realtà sconosciuta e che fa paura.
Ho capito che c'è tutto un mondo che non conosciamo che poi è il nostro.

Come è andato l'approccio iniziale con Sumaya?

Il percorso è durato molto tempo, quando ci siamo incontrate la prima volta l'idea era di trarre una sceneggiatura di fiction dal suo libro. Poi nel tempo è cambiata, si è evoluta anche perché si sarebbe trattato di un personaggio inedito nella drammaturgia italiana, non c'è mai stato un personaggio femminile musulmano "vero" e ciò ne incrementava la difficoltà di realizzazione.
Poi nel tempo e nella ricerca è diventato ciò che è ora. Ho dovuto studiare molto anche dell'islam e della varietà dei loro paesi di origine: le mie tre protagoniste vengono da tre paesi diversi (Tunisia, Giordania e Siria), è stato complesso imparare tutto.
Chi lo sa poi, magari in futuro si potrà anche lavorare a un film vero e proprio! Del resto fino ad ora avevo sempre lavorato nella fiction...

Come hai scelto le tue tre donne protagoniste?

Ne ho incontrate parecchie, più o meno sempre della stessa tipologia (20-35 anni circa), principalmente studentesse universitarie. In tutto saranno state una quindicina, direi: sono tanti i musulmani in Italia, ma pur sempre una minoranza.
Loro tre mi avevano molto colpito, Sumaya stessa mi ha presentato Batul, la psichiatra che ora lavora a Bolzano, mentre Takoua l'ho incontrata un po' per caso, se non ricordo male tramite Linkedin!
Avevano caratteristiche particolari e la mia scelta è caduta su di loro: sentivo in loro qualcosa di importante, e non mi sbagliavo. Sumaya è ora consigliere comunale a Milano, Takoua sta avendo successo con il suo libro di fumetti ("Sotto il velo", edito da Becco Giallo, NdI). Me lo sentivo!

Come avete lavorato insieme?

La struttura narrativa è venuta da me, con Sumaya abbiamo scritto il soggetto ma poi negli anni ho elaborato io come procedere.
Ho individuato le caratteristiche di ognuna, proposto loro le mie idee e siamo andate avanti. Di fatto sono interviste, nei miei hard disk ho 18 ore di dialogo! Le prime riprese sono del 2012...

Dopo la prima al RIFF, da marzo il documentario è in tour in Italia con Movieday.

Il documentario si presta bene a queste proiezioni-evento, in cui dopo la visione si possa approfondire il discorso in sala. Faremo la prima a Pavia, ma abbiamo date già confermate per tutto il mese. Alcune sono ancora da chiudere (come quella di Roma), ma sono tante e siamo contente: a Milano al cinema Beltrade il 22 marzo ci saremo tutte e quattro, sarà un'occasione speciale. Da settembre saremo poi su iTunes in tutto il mondo, e poi si vedrà.

01/03/2017, 12:20

Carlo Griseri