Fondazione Fare Cinema
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LETTERA APERTA ALL'ACCADEMIA DEL CINEMA ITALIANO


Riceviamo e pubblichiamo


LETTERA APERTA ALL'ACCADEMIA DEL CINEMA ITALIANO
Gentili membri dell'Accademia del Cinema Italiano,

poche righe, per aprire una riflessione che - se non nell'immediato - speriamo porti in futuro a ripensare un regolamento che mi sembra non tenga conto della realtà che ci circonda. Non soltanto cinematografica.

Quando abbiamo girato Il Silenzio, l'abbiamo girato certi di girare un cortometraggio italiano:
italiana la società di produzione (Kino Produzioni), italiane le location (un'azienda ospedaliera del rione Esquilino di Roma), italiana tutta la troupe e parte del cast.
Non erano - non sono - italiani i due registi, Ali Asgari e Farnoosh Samadi: entrambi iraniani, si sono conosciuti a Roma, dove hanno studiato e si sono diplomati.
E a Roma, anche dopo essersi trasferiti a Parigi, hanno voluto girare un cortometraggio che ha rappresentato l'Italia a Cannes.
Il Silenzio ha fatto bella mostra di sé nell'Italian Pavilion, in tutti i materiali promozionali dedicati alla rappresentanza italiana sulla Croisette, e - ne siamo certi - se fosse tornato a casa con un premio sarebbe stato accolto con un certo grado di patrio entusiasmo.

Eppure, al momento di iscriverlo ai David di Donatello (cosa che ci sembrava naturale, dopo aver partecipato in concorso al più importante festival del mondo) , abbiamo scoperto che no, Il Silenzio non è considerabile un film italiano, a dispetto della formula produttiva.
I registi non sono italiani (benché provvisti di regolare permesso di soggiorno) e dunque il loro film non può essere candidato al più importante premio dell'industria cinematografica italiana.
Ci era stato detto che la questione sarebbe stata affrontata nel primo consiglio utile, ma nessuna risposta ci è mai arrivata al riguardo.

Non entriamo nel merito se in passato questo regolamento abbia avuto un senso: di certo ci sembra che nello scenario attuale non ne abbia più molto, se è vero che la Francia (Paese non certo accusabile di scarso senso della "nazionalità") candida e premia ai Cesar un film girato con capitali francesi ma da un regista olandese, Paul Verhoeven.

Approfitto di questa lettera per mettere pubblicamente a disposizione il link del film.
Per quanto mi riguarda, continuerò ovviamente a produrre in Italia, badando alle storie più che ai passaporti di chi le racconta.

Cordialmente,

Giovanni Pompili


22/02/2017, 11:31