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"Io, Daniel Blake", il ritorno di Ken Loach


A 80 anni (li ha compiuti lo scorso 17 giugno), Ken Loach con I, Daniel Blake entra a far parte di un club molto esclusivo: quello dei registi che si sono aggiudicati due Palme d'oro. Il cineasta britannico, che si era già imposto a Cannes nel 2006 con “Il vento che accarezza l'erba”, va a far compagnia ad altri otto colleghi, fra i quali ci sono Coppola, Kusturica, i fratelli Dardenne, Imamura e Haneke.

È il nome e cognome che in un momento di estrema disperazione, ma anche di rivolta sociale il cinquantanovenne Daniel Blake grafita sulla facciata del Job Center di Newcastle, dove la burocrazia anche tecnologica l’ha umiliato in una lunga via crucis di incontri, dove né le sue capacità artigianali, carpentiere specializzato, né la sua volontà di riprendere a lavorare, dopo un infarto, sono state riconosciute. Dan è pertanto un uomo aperto simpatico, e solidale che non fa nessuna differenza razziale nelle sue amicizie.

La sua situazione instabile e di indigenza crescente è resa ancora più grave dalla burocrazia statale che calpesta la sua dignità e quella di tantissime altre persone non solo nel Regno Unito. Anche i sistemi informatici, astrusi e impersonali con i quali è confrontato per le sue ricerche di lavoro e con i quali non ha familiarità, gli rendono la vita più alienante. Inoltre è solo dopo la scomparsa prematura di sua moglie. La giovane e simpatica Katie, madre di due bambini, è nella stessa barca in quanto stenta moltissimo a vivere e lo stato le complica la vita. Non riuscendo a sfamare i suoi piccoli, ruba in un supermercato e poi si prostituisce. L’unica persona che le dà una mano, oltre ai centri caritativi, è Dan. Queste sono le due storie esemplari sulle quali è incentrato I, Daniel Blake ultimo film del regista britannico Ken Loach che a giugno ha festeggiato ottanta anni e ha marcato la sua 35. partecipazione in concorso al Festival di Cannes.

Nel 2006 con The Wind That Shakes The Barley (Il vento che accarezza l’erba) sulla rivolta irlandese contro il Regno Unito, un bellissimo lungometraggio, vinse La Palme d’Or . A Cannes il regista dell’impegno civile a favore del proletariato ha ricevuto diversi altri premi. Lo scorso anno, dopo il non completamente riuscito Jimmy's Hall, Loach aveva dichiarato di non voler più dirigere fiction ma di dedicarsi al documentario. Una parola fortunatamente non mantenuta: a spingerlo a tornare sul set in tempi così brevi è stata l’urgenza di raccontare una storia di oggi, profondamente ancorata nella regione dell’Inghilterra dove Loach è nato (il film è girato a Newcastle) ma dal sapore drammaticamente universale, quella di centinaia di migliaia di persone che la società britannica e non solo esclude da una vita dignitosa e da un futuro tranquillo.

Le caratteristiche di I, Daniel Blake sono quelle dei migliori film del regista di Family Life, immagini e linguaggio realista, ritmo degli avvenimenti filmati e credibilità dei protagonisti, in generale non attori professionisti. In I, Daniel Blake, l’eroe del film, interpretato magistralmente da Dave Johns, umorista di talento, che dà alla sua interpretazione e in particolare alle sue battute il sale della comicità. Ayley Squires è simpatica, brava e a suo agio nel personaggio di Katie, la ragazza madre, di cui si occupa Dan. E lei che nella cerimonia funebre, una cerimonia di poveri, dice: “Ricordiamo Dan, un uomo e non un numero”.

11/11/2016, 09:22

Augusto Orsi