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Note di regia di "Solitudine on Demand"


Note di regia di
Questo cortometraggio è nato dalla mia intima esigenza di trattare il tema della solitudine.
In qualunque città e posto del mondo io mi sia finora ritrovato come abitante o visitatore, ho percepito una grande solitudine nelle persone e nelle cose.
Per quanto la nostra società frenetica e ammalata di appartenenza faccia di tutto per curarla come se fosse una malattia anziché un’opportunità, la solitudine non cessa di esistere; anzi, viene così “illegalizzata”, negata e retrocessa ad uno stato dell’anima di serie B, diventando così ancora più difficile da accettare. Questa non accettazione della solitudine, che ci rende così esasperatamente socievoli e incapaci di restare soli anche quando ce lo potremmo permettere, mi ha portato a chiedermi: cosa ci direbbe la Solitudine, se potesse farsi umana e parlare la nostra lingua?

L’idea cinematografica di partenza è stata, quindi, quella di rendere la solitudine personaggio.
E’ così che le ho dato un aspetto umano, un carattere fallibile fatto di certezze e incertezze, comprese stizze e malinconie tipiche di chi ricopre una “professione” caduta in disuso.
Quando ho iniziato a scrivere la sceneggiatura sapevo cosa avrei voluto vedere alla fine: un breve film che fosse un equilibrio armonico di ironia, malinconia e critica.
Lo stile di regia che ho usato è volutamente poco invadente. Con una sceneggiatura così densa di battute e contenuti ho pensato che una regia barocca e esteticamente complessa avrebbe ostacolato la comprensione. Ho preferito, quindi, porre la regia interamente al servizio della sceneggiatura e dare allo spettatore una cornice semplice per interpretarne al meglio il contenuto.

La produzione, curata da me e Gianfranco Boattini, si è svolta con un budget pari a zero (la valuta dopo lo zero influisce poco), con una troupe di volontari ridotta all’osso, nella quale poche persone dovevano occuparsi di tante cose. Io stesso, alla mia seconda esperienza da regista, mi sono ritrovato ad essere regista, direttore della fotografia e unico operatore, oltre che co-produttore e organizzatore generale.
Dopo sei giorni di riprese in esterna dominati da raffiche di vento e da insetti che volavano instancabili attorno ai microfoni, abbiamo battuto l’ultimo ciak e brindato alla fine delle riprese. C’era chi la mattina dopo sarebbe tornato al lavoro quotidiano, e chi – come me – avrebbe goduto dei benefici della vita da universitario (dormire fino a tardi). Stanchi, siamo tornati alla nostra routine di sempre, ma con l’acquisita consapevolezza di avere portato a termine una piccola impresa culturale. O almeno così mi hanno detto, forse per farmi contento.

“Solitudine On Demand” vuole essere un’ironica rivincita della solitudine.
Spero di esserci riuscito.

Luca Zambianchi