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BFF 34 - Intervista a Angelo Loy


Il regista al festival di Bellaria con "Bambini che Sanno Leggere" e per realizzare con gli studenti un filmato sul Museo del Turismo e Tradizioni.


BFF 34 - Intervista a Angelo Loy
Angelo Loy
Come è nata l'esperienza di "Bambini che Sanno Leggere"?
Angelo Loy: CCS Italia è una onlus che si occupa principalmente di diritto all’educazione in alcuni paesi dove questo è seriamente compromesso (Nepal, Mozambico, Zambia e Cambogia). Le loro campagne di comunicazione si affidano a volte all’immagine di “testimonial”, in linea con quanto fanno gran parte delle onlus. La loro forza, a parer mio, risiede nella qualità del lavoro che svolgono sul campo, nelle capacità (atteggiamento, pedagogia, psicologia) degli operatori sociali di lavorare con i bambini. A cui si aggiungono le attività di contorno di dialogo costruttivo con i consigli scolastici e le comunità in genere. Insomma, mi sono piaciuti.
CCS Italia è venuto a conoscenza del mio lavoro decennale di video partecipato a Nairobi con i ragazzi di strada (con AMREF) e mi ha chiesto di cercare di avvicinare quel modo di intendere progetti di sviluppo personale e comunicazione con la presenza di una testimonial, appunto, Claudia Gerini. Questo anche nella prospettiva di iniziare a ragionare con loro sull’applicazione del video partecipato come strumento all’interno dei loro progetti.
La comunicazione attraverso un testimonial è quanto di più lontano dalla filosofia che anima il video partecipato, il quale si basa proprio sul rovescimento del punto di vista. Però noi avevamo un valore aggiunto del testimonial, in questo caso Claudia Gerini. Claudia è madre di due bimbe e sostiene a distanza una bambina cambogiana, è lontanissima in senso geografico, ma allo stesso tempo coinvolta emotivamente, desiderosa di capire e di approfondire, di ascoltare e di “sentire” soprattutto.
Forse, ho pensato, possiamo trovare una chiave. Chi vede il film giudicherà la riuscita o meno di questa piccola alchimia.
Il film è inserito nella campagna “Help! Il diritto di essere bambini”, con la quale il CCS si pone l’obiettivo di liberare 1 milione di bambini dallo sfruttamento, dalla malnutrizione e dall’analfabetismo entro il 2020.

Come hai collaborato con Claudia Gerini?
Angelo Loy:
Claudia Gerini è venuta in Cambogia come madre e come ambasciatrice per la campagna. Si è prestata in maniera semplice e molto flessibile all’ascolto dei piccoli protagonisti e all’improvvisazione necessaria alle riprese documentarie. Abbiamo discusso e scritto insieme i testi. Ha accolto il mio imbarazzo nel riprenderla in situazioni “normali”, facilitandomi il compito con la sua serenità. Per una persona che “lavora” con la sua immagine non è affatto scontato. Sapeva che le piccole, ma intense storie che raccoglievamo dovevano essere ascoltate, e ne è diventata il tramite, mettendosi in secondo piano.
Credo che, pur venendo da mondi lontani, abbiamo trovato un terreno comune, un misto, mi piacerebbe pensare, tra professionalità ed empatia. Ma dovreste sentire lei…

3 - Puoi parlarci dei laboratori con gli studenti del Bellaria Film Festival?
Angelo Loy: Alcuni studenti delle scuole medie di Bellaria si stanno preparando per realizzare un filmato sul Museo del Turismo e Tradizioni. Le professoresse mi hanno chiesto di impostare con loro un lavoro di video partecipato. O quantomeno nello spirito del video partecipato, attraverso esempi e modalità. Dato il poco tempo a disposizione lavoreremo soprattutto sui contenuti e meno sulla tecnica (l’apprendimento delle tecniche base attraverso i metodi del video partecipato richiede molto tempo). Ho chiesto ai ragazzi di scegliere un oggetto esposto al museo e di scrivere i motivi della loro scelta. Alcuni dei loro testi sono dei piccoli capolavori. Partiremo da lì, dai dettagli.

A cosa stai lavorando? Puoi svelarci qualcosa sui tuoi progetti in cantiere?
Angelo Loy: Il cantiere è sempre aperto. Non so se ci sto mettendo dentro le cose giuste. Data la scarsità di fondi, in questo lavoro c’è sempre una grande autocensura. Mettere su progetti internazionali è diventato sempre più difficile, con tempi lunghissimi e alla fine di solito ti ritrovi a non avere più nessun controllo su quello che fai o vuoi fare. Allora provo a concentrarmi su progetti più articolati, più profondi; riprendere in mano per esempio il materiale in pellicola che ho girato nel 1999 sui pescatori del Tevere per raccontare l’oggi e le sue violente trasformazioni (“L’Ultimo viaggio dell’anguilla”); oppure recuperare e digitalizzare il grande archivio fotografico di mio padre, scomparso nel 1981, per riflettere sulla sua storia, (sulla nostra) e sulla mia, attraverso l’unica forma espressiva che conosco, ossia il film documentario (“Passo ogni sera il fiume”); ma l’attenzione è anche e sempre sull’Africa, cercando il modo, con un collega molto più esperto di me, di ideare una serie di dodici film sui grandi temi africani di oggi in prospettiva futura, ma in una forma particolare, che al momento mi è proibito rivelare…

26/05/2016, 09:00

Simone Pinchiorri