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CANNES 69 - "Personal Shopper", il tonfo di Olivier Assayas


Nota della redazione: la recensione contiene spoiler


CANNES 69 -
Essere obbligati ad aver una Personal Shopper <(termine franc-anglais che in italiano si potrebbe tradurre “Compratrice su ordinazione”) è una cosa estremamente grave, in quanto le donne provano una gioia trascendentale nel fare i negozi. Se devono fare lo shopping per procura vuol dire che hanno rinunciato a parte della loro gioia di vivere. Non so se Olivier Assayas questa cosa la sappia. Il punto però non è questo, ma è che il suo lungometraggio è pessimo.

Il pur bravo regista francese di Après-mai, Carlos ed altri film, ha fatto un lungometraggio non solo vuoto e inutile, ma anche nocivo per la reputazione artistica della protagonista la bella e brava Kristen Stewart, giovane attrice di talento vista nell’interessante Sils Maria, in un ruolo più impegnativo e appagante per le sue doti d’attrice. In apertura di questa edizione la si è potuta apprezzare in Café Society dove Woody Allen l’ha valorizzata.

In Personal Shopper è una giovane dinamica americana a Parigi che fa l’acquistatrice di abiti e “affini” per una non meglio identificata star, che malauguratamente fa una fine tragica. Maureen, bella e nevrotica, si sposta continuamente in scooter in alberghi e case private in una Parigi ben fotografata. Intanto, aspetta che il suo fratello gemello dal nome molto originale (Lewis), si manifesti dall’aldilà. L’attesa si protrae a lungo e così tra un girovagare per Parigi e dintorni e un viaggio lampo a Londra, le si manifestano presenze di spiriti che la turbano e l’ossessionano.

Mentre si trastulla in modo elettrizzante con il suo iPhone è travolta da una valanga di SMS di provenienza sconosciuta che mettono il naso nella sua vita privata. Il suo rispondere incoraggia il corrispondente che continua a scrivere e ad assillarla. La vita d’acquisti si mescola sempre più a quella degli spiriti e l’angoscia diventa più grave e la rende malata. Le sue giornate, nell’attesa del manifestarsi del fratello medium, passano fra shopping, scrivere messaggi e far visita a qualche amica. Diventa più serena quando nelle sue ricerche scopre che il celebre romanziere Victor Hugo, nell’esilio di Jersey, si dedicava con successo allo spiritismo.

La presenza dello spirito si manifesta quando è in vacanza da un suo amico in un paese esotico unicamente con rottura di suppellettili e non con materializzazione dell’ectoplasma. Su questo avvenimento di una banalità planetaria, mentre il pubblico iniziava a prendere gusto alla storia o ad averne le tasche piene, Assayas dà forfait e inizia il suo tonfo metaforico.

Di Personal shopper cosa resta ? Forse le voluttuose immagini di Maureen mentre fa la prova dei capi di vestiario acquistati per la sua padrona e la pantagruelica quantità di SMS per comunicare soprattutto con gli spiriti. Visto questo “ectoplasma di film”, una domanda viene spontanea: per quale misterioso motivo Personal shopper è nel concorso ufficiale ?

PS: Dimenticavo, lo spirito che si manifesta continuamente importunando la bella Kristen Stewart non è quello di Lewis, come tutti gli spettatori forse hanno pensato, ma quello di Victor Hugo !

21/05/2016, 16:17

Martine Cristofoli