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FFF18 - APRIL IN THE EXTRAORDINARY WORLD


FFF18 - APRIL IN THE EXTRAORDINARY WORLD
La storia non si fa con i se e i ma, ma a romanzieri, registi e anche storici di professione non è mai dispiaciuto immaginare come sarebbe andata a finire qualora il tale grande personaggio storico avesse fatto una scelta diversa. L’Ucronia e il tratteggio di universi storici paralleli caratterizzano anche uno dei film migliori di quest’edizione del Future Film Festival: April and the extraordinary world di Christian Desmares e Franck Ekinci, tratto dall’omonimo fumetto di Jacques Tardi.

L’opera, ambientata nel 1941, immagina un mondo dove non è mai avvenuta la seconda rivoluzione industriale, l’elettricità e il petrolio sono ancora sconosciuti, la Francia è un impero retto da Napoleone V e tutti gli scienziati sono misteriosamente spariti. In questa cornice si svolge l’avventura dell’adolescente April, intenzionata a replicare gli esperimenti e gli studi compiuti dai genitori scomparsi quando era bambina e catapultata in una roboante avventura.

Il film è un robusto e coinvolgente prodotto che, a differenza di altri selezionati dal festival (il bellissimo Psiconautas e il meno riuscito On the white planet), non cerca di percorrere strade poco battute né vuole essere dichiaratamente per adulti. È infatti un solido racconto sotto molti aspetti tradizionale e rivolto a tutta la famiglia: l’impalcatura principale dell’avventura per divertire i più piccoli, i costanti riferimenti – grafici e narrativi -, i piccoli dettagli, le gag e le battute per gustare gli adulti.

È un film sì tradizionale, ma per nulla banale né anonimo, che esalta ogni sua componente e che trova la sua originalità e la sua forza nei dettagli e proprio in questa consapevole solidità. A partire dall’apparato visivo, non lontano, in particolare nei tratti dei personaggi molto aderenti allo stile di Tardi (che a sua volta molto deve alla matita di Hergé, l’autore di Tintin), dalla tradizione delle “Bande dessinée” francofone; funziona in particolare la rappresentazione di una Parigi cupa, fuligginosa e grigia, allo stesso tempo pre-industriale e quasi post-apocalittica. È un apparato grafico “fluido”, ma complesso e stratificato, ricco di riferimenti gustosi e di dettagli ironici quasi in ogni inquadratura e sequenza. Questi dettagli contribuiscono a rendere il film molto divertente e, a tratti, anche gentilmente sarcastico, insieme alle frequenti gag, tra cui sono da segnalare almeno la “comparsata” del nostro Enrico Fermi il quale, stanco di ascoltare Schumann, fischietta il tema de la Traviata di Verdi e si lancia in un maccheronico slang che mischia italiano e francese, e molte delle sequenze in cui appare il gatto parlante Darwin, delizioso coprotagonista e figura fondamentale del film; nonché in un certo senso suo simbolo, proprio per il suo essere un archetipo non innovativo (il coprotagonista animale con alcuni tratti antropomorfi) che riesce ad essere comunque originale ed estremamente efficace.

Vincitore del premio Crystal all’ultimo Festival di Annecy.

Edoardo Peretti

08/05/2016, 09:49