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Note di regia di "Cristian e Palletta Contro Tutti"


Note di regia di
Cristian & Palletta contro tutti è un film corsaro. Corsaro, perché è un racconto pensato e sviluppato sulla velocità e la leggerezza, come le navi dei pirati. Corsaro, perché arriva veloce e di nascosto nel porto, si prende l’attenzione del pubblico, lo emoziona e scappa via. Parla della crisi. È la commedia di un giovane, uno di quella generazione che più di chiunque altra pagherà il dazio di questi tempi assai difficili. È un ragazzo che, come la maggior parte dei suoi coetanei, non spera più in un lavoro. Non crede nella costruzione lenta, faticosa di una famiglia. Non crede nel futuro. Crede solo e soltanto nella “Svolta”. La svolta si può presentare sotto diversi aspetti. Può essere una schedina vincente, oppure un biglietto della lotteria. Un gratta e vinci, una canzoncina stupida che guadagna miliardi in diritti d’autore, un colpo ad un furgone portavalori, una partita a poker o la partecipazione a un tele quiz. Insomma Cristian, questo è il nome del personaggio, è alla ricerca della sua schedina, dei suoi numeri fortunati. In una Foggia periferica, al nostro protagonista verrà concessa l’occasione della sua vita per dare un taglio alla povertà e sistemarsi una volta per tutte. Ma la sua incapacità di vivere, la sua ingenuità e la sua ignoranza non glielo permetteranno. I dialoghi dei nostri protagonisti rimandano, per struttura grammaticale e contenuti, alla cultura suburbana, al ghetto linguistico ed espressivo. Ma la cosa curiosa e interessante è che il loro mondo espressivo si avvicina all’esperienza del teatro dell’assurdo degli anni ’60. Il loro parlare, apparentemente vuoto, gira intorno sempre e soltanto all’inutilità e alla difficoltà di essere uomini, all’assenza di valori spirituali, all’impossibilità di costruire emotivamente rapporti umani e sociali.

Le loro parole, come i loro atti, non costruiscono nulla. Galleggiano. Come una zattera su un pantano, pregando Iddio che non arrivi un’onda. Cristian & Palletta contro tutti vuole raccontare una crisi totale. Economica, sociale, culturale ed etica. Una scatola vuota dove le belle parole e le belle promesse sono come aria che la riempie. Ma, appunto, sono parole. E viverci in un mondo così privo di linfa vitale, non è facile. Lo sa Cristian, lo sanno i suoi amici, e lo sappiamo anche noi. Dalla Foggia periferica, grigia, estiva, calda e sonnacchiosa di un fine Luglio, si passerà, nell’ultima parte del film, ad un ambiente del tutto nuovo: la campagna. Assolata, popolata di figure al limite del racconto leggendario, sporca e senza regole. Un Far West, una terra di nessuno dove la vicenda vedrà la sua fine. Anche fotograficamente, la differenza fra i due ambienti verrà accentuata. In conclusione ecco perché è un film corsaro. Perché racconta la crisi e la precarietà come facevano i pirati: con una bella, lunga, grassa risata. Perché alla fine, se togliamo anche il rhum, non resta veramente più niente. A questo punto sorge spontanea una domanda: ma perché un film corsaro dovrebbe avere l’appoggio dello Stato? La risposta è semplice, ed è nella storia: Drake, Morgan, i famosi bucanieri della fratellanza della Tortuga, erano al soldo dei reali d’Inghilterra. E furono pure nominati governatori.

Antonio Manzini