!Xš‚‰

TFF33 - Intervista a Gabriele Falsetta,
regista di "Dust - La vita che vorrei"


TFF33 - Intervista a Gabriele Falsetta, regista di
Gabriele Falsetta
"Dust - La vita che vorrei" di Gabriele Falsetta è uno dei quattro corti in competizione nella sezione Spazio Torino.

"Tutto nasce da un lavoro teatrale di Barbara Altissimo, che conosco da oltre dieci anni. Allora facevo l'operaio in fabbrica, e conoscendola mi sono avvicinato al teatro danza, per poi iniziare un vero e proprio percorso formativo nel teatro. Qualche tempo fa, mentre ero spettatore al festival di Rotterdam, ho capito che volevo realizzare un mio documentario, e mi è venuto naturale chiamare lei", ha spiegato il regista.

"Barbara stava lavorando da anni con queste persone, pazienti dell'istituto Cottolengo di Torino. Con loro aveva realizzato una trilogia di spettacoli, chiamata "Polvere". Ho iniziato a filmarli, senza una fase di concept precedente: si tratta di otto sopravvissuti, stando con loro hai la percezione che vengano da un altro tempo, che parlino un'altra lingua. Il Cottolengo non è un manicomio, ma è una struttura chiusa e loro sono come oggetti dimenticati su cui si è posata la polvere".

Come definire questo documentario? "E' un video-ritratto audiovisuale, una mia testimonianza, una fotografia improvvisata da me, che ero solo con la camera, e senza post-produzione. Il montaggio è stata la parte più difficile, all'inizio cercavo di fare una cosa "pulitina" ma non funzionava proprio...".

"Ho fatto un primo sopralluogo per conoscerli, e il loro entusiasmo mi ha contagiato: per loro è stato tutto molto naturale, ho visto in loro quasi una mania di protagonismo e la voglia di rubarsi la scena, ma anche grandissima professionalità. Dust non vuol essere un inno alla speranza, volevo semplicemente mostrarli per 21 minuti mentre sorridono, giocano, danzano".

Un'ultima domanda, sui luoghi scelti per inscenare i vari momenti del film. "Abbiamo girato prima in una sala prove-scantinato, ma mi è venuta la voglia di portarli fuori da lì: ho cercato allora in questa città splendida dei posti che aumentassero la valenza di quelle scene. Vederli ad esempio recitare sulle sedie usate da Cavour, e oggi dal sindaco di Torino, mentre giocano ha una potenza estetica ma anche simbolica, e così è stato per tutte le altre location".

23/11/2015, 12:23

Carlo Griseri