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VENEZIA 72 - Sangue del Mio Sangue


Marco Bellocchio, in Concorso, scopre e racconta i segreti e le curiosità della sua Bobbio con un discorso privo di appeal e di un filo conduttore


VENEZIA 72 - Sangue del Mio Sangue
Piergiorgio Bellocchio con la sua unica espressione del film
Ammetto di non essere un genio, ma il film di Marco Bellocchio non l'ho proprio capito.
Non ho capito il tipo di operazione artistica, non ho capito la storia, i personaggi, le vicende o le ipotetiche sensazioni alle quali il regista ci fa assistere nella sua Bobbio.
Sembra come se Bellocchio avesse riscoperto il luogo da cui proviene, raccogliendo con lo slancio della nostalgia le leggende, i miti e le chiacchiere di paese, ritenendole interessanti e degne di essere materiale per un film.

Già dal titolo, Sangue del mio sangue, il rapporto con la sua terra e i suoi parenti va oltre il personaggio del "Conte" interpretato da un anemico Roberto Herlitzka, inquilino abusivo del monastero del paese, ormai abbandonato, visitatore notturno e invisibile della cittadina e spettatore dei mali umani degli abitanti.

Protagonista del film è Bobbio, palcoscenico della vicenda inquisitoria iniziale del cinque-seicento, e della moderna avventura del già citato Conte, che trova la soluzione ideale per non essere sfrattato, andando a colpire quelle umane debolezze tanto diffuse in città.

Bellocchio gira tutto in città e usa il suo nome per avere un gruppo di attori che usano i registi di nome al posto degli uffici stampa, per farsi vedere ai Festival e far parlare gratuitamente di sé. Nessuno sfigura, ma tra esagerazioni e interpretazioni mono-espressive, la truppa degli attori incide poco nella riuscita del film che rimane del tutto incomprensibile. All'uscita della sala l'unica domanda è: ma a che serve fare, e tantomeno vedere, "Sangue del mio Sangue"?

08/09/2015, 17:26

Stefano Amadio