Festival del Cinema Città di Spello e dei Borghi Umbri
!Xš‚‰

TGLFF30 - Cinema GLBT iraniano a Torino


TGLFF30 - Cinema GLBT iraniano a Torino
Aban + Khorshid
Quest’anno al TGLFF si è parlato anche di Iran, un paese che per il mondo GLBT evoca oppressione e che difficilmente riesce ad avere voci interne in grado di mostrare la realtà omosessuale nella Repubblica Islamica. Le pellicole proposte al festival sono dunque voci esterne, entrambe statunitensi ma molto differenti tra loro, anzi, agli antipodi in ogni senso possibile.

Aban + Khorshid è un bellissimo cortometraggio di soli 13 minuti, che parlando di amore e morte accarezza come un petalo e incide come una lama. Aban e Khorshid sono due protagonisti a cui ci si affeziona incondizionatamente: sono giovani, spensierati, li vediamo chiacchierare e scherzare nella quotidianità di gesti in cui ci riconosciamo (e la semplicità - in tutto ciò - è una scelta stilistica che conquista), parlano il nostro linguaggio, vero, immediato; si amano. Ma Aban e Khorshid sono anche - e soprattutto - prigionieri.

In un montaggio che alterna ricordi felici e attualità feroce, scopriamo che Aban e Khorshid sono stati incarcerati dopo un’irruzione nella loro casa e trascinano le loro ore in due celle (gabbie) adiacenti confidandosi gli ultimi pensieri. Ultimi perché Aban e Khorshid devono pagare la loro “colpa” di omosessuali con la vita.

Aban e Khorshid non sono disperati ma rassegnati; e insospettabilmente forti, di quella forza di chi sa che non ha fatto nulla di male e nulla di diverso poteva essere.
Gli ultimi potenti fotogrammi sono allora i loro corpi pronti a cadere dalla forca, le loro mani che riescono a sfiorarsi dando forma a due ali pronte a volare, infine la fissità di una foto: i due veri Aban e Khorshid appesi, inermi, perché Aban + Khorshid è una storia vera.

Brevi note a margine: la musica vive e vibra con le immagini; il regista, Darwin Serink, non vuole raccontare solo la storia di Aban e Khorshid e la persecuzione subìta dagli omosessuali nella Repubblica Islamica dell’Iran ma, come scrive nel finale, vuole ricordare tutti i perseguitati e tutti i paesi che perseguitano.

Con Appropriate Behaviour si cambia completamente registro.
Nel suo primo lungometraggio, Desiree Akhavan, giovane regista e attrice di origini iraniane nata e cresciuta a New York, si ritaglia il ruolo della protagonista, Shirin (che interpreta con la giusta ecletticità e il naturale senso di inadeguatezza di chi non ha ancora trovato la forza di esprimere un’identità chiara). Sfruttando efficacemente i toni della commedia affronta, superficialmente ma con intenzione, i condizionamenti imposti da un’impronta culturale, seppur lontana dalle sue espressioni più reazionarie e coercitive.

Si vuol parlare dunque di cultura iraniana (o persiana, a seconda di quale retaggio si voglia recuperare) ma quello che traspare è più l’universalità della situazione: una famiglia alla quale non si riesce a confessare la propria omosessualità non è il più classico dei cliché? Quindi Repubblica Islamica dell’Iran, sì, soprattutto nei rari accenni alla situazione degli omosessuali in quel paese e in qualche episodio che propone festività persiane, ma ancor di più generica difficoltà a fortificare il proprio modo di essere, cercando - senza in realtà volerlo - l’approvazione di chi (in questo caso leggasi: famiglia persiana della borghesia newyorkese benestante e intellettuale) si aspetta solo un “comportamento appropriato” (“appropriate behaviour”).

Shirin ha problemi con la sua compagna Maxine, che ama ma che non le perdona la sua incapacità a “confessare” la loro relazione alla famiglia. Si sono lasciate e lei cerca tutti i modi per recuperare il rapporto. Dai suoi spesso goffi tentativi scaturiscono situazioni improbabili e a volte imbarazzanti (stile sit-com), ma tutto sembra adattarsi perfettamente al vortice che la trascina e che lei non cerca minimamente di contrastare, fino a che …

Ecco, ci si aspetterebbe una conclusione, ma dopo che finalmente la protagonista riesce a confessare il suo amore per Maxine al fratello (che si burla di lei) e alla madre (che fa finta di non aver sentito) non accade proprio nulla. Perché nulla cambia, e ciò che si è rimane.

05/05/2015, 16:55

Sara Galignano