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HO UCCISO NAPOLEONE - Il cinema per forza. Anteprima al BIF&ST


Perché spendere soldi pubblici per finanziare la produzione di un film senza capo né coda? Le autrici della sceneggiatura, la regista Giorgia Farina e Federica Pontremoli, sembra come se non l'avessero mai riletta prima di girare. Ma anche tutti gli altri si sono fermati alla sinossi breve. Ben 250 copie per un film distribuito da 01 che ha ricevuto un sostegno dal Mibac di 440.000 euro. In sala da giovedì 26


HO UCCISO NAPOLEONE - Il cinema per forza. Anteprima al BIF&ST
Micaela Ramazzotti in "Ho ucciso Napoleone"
"Ho ucciso Napoleone" è approssimativo e superficiale già dal titolo. Napoleone è un pesce rosso che, come in Boris, non ha alcuna funzione nel film ma che, a differenza del pesce di Rene' Ferretti, viene gettato nello scarico del bagno dopo 2 minuti dall'entrata in scena. Questa morte, quella del titolo, non ha alcuna conseguenza sulle vicende narrate fino alla fine del film quando, la legittima proprietaria lo vuole indietro.

Giorgia Farina dopo la farsa di " Amiche da Morire", torna a scrivere e dirigere un film e lo fa con tutti i crismi del caso: produttore serio, Angelo Barbagallo, finanziamento dello Stato Italiano, della Regione Lazio e di Rai Cinema e un cast che nel ripetitivo panorama del nostro cinema può sembrare di alto livello.

Scritta con Federica Pontremoli, la sceneggiatura sembra così slegata e arrangiata che ci si chiede se Barbagallo, Rai Cinema e gli esperti selezionatori del Mibac l'abbiano letta prima di decidere di girare questo film. Tutto è prevedibile e allo stesso tempo improbabile: eventi, personaggi, azioni, soluzioni, cast sono scritti apposta per non funzionare, per non far ridere, per far perdere fluidità e collegamento alle scene. Insomma, guardando il film ci si chiede spesso "ma perché?", "ma che fanno?", "ma che dicono?", "ma come recitano?". E proprio qui c'è uno degli aspetti peggiori del film: gli interpreti. Non aiutati, questo va detto, dal testo, tutti a cominciare da Micaela Ramazzotti sembrano dei dilettanti che scimmiottano un carattere, vero o inventato, fino a renderlo così poco credibile da risultare irritante. Si salva Elena Sofia Ricci che semi-nascosta tra berretto e giaccone, riesce con la misura e la professionalità a far passare per buone le sue battute.
Micaela Ramazzotti, che per sembrare seria, cattiva e determinata chiude forzatamente la bocca alla fine di ogni frase in una "Magnum" degna di Ben Stiller, non riesce a trasformarsi in spietata manager facendo, lei per prima, del personaggio una macchietta incomprensibile.
Guardando e ascoltando Thony, la protagonista del penultimo film di Paolo Virzì, ci si chiede perché ha accettato di mettersi di nuovo davanti alla macchina da presa e non dietro a un microfono ( ma anche: non c'era nessuna attrice professionista in giro?). Tra gli uomini spicca Libero De Rienzo che riesce a dare la giusta quantità di niente al personaggio.
Ma anche tutti gli altri rimangono coinvolti in questa epidemia di insopportabile approssimazione e, pensando che recita male anche uno bravo come Tommaso Ragno che per fare l'artista cialtrone parla e sputa il cibo mentre mangia, viene da riflettere che forse il problema è nel manico.

La regista non ha idea di come si formi un personaggio e che anche in una favola o in un film di fantascienza i caratteri devono essere credibili. Citando senza ritegno Blade Runner come ideale per la creazione dei costumi, viene da pensare ai replicanti di Dick e Scott, personaggi del tutto di fantasia che sono entrati nell'immaginario cinematografico grazie alla bravura degli attori ma anche al talento dei loro creatori.

25/03/2015, 16:14

Stefano Amadio