Festival del Cinema Città di Spello e dei Borghi Umbri
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Note di regia di "In the box"


Note di regia di
Quanto siamo liberi? È una domanda che ci si pone spesso, ma a cui difficilmente riusciamo a dare risposta. Perché la maggior parte di noi conduce una vita tranquilla, fatta di una routine che ci protegge, tiene a bada le nostre paure. E se la nostra esistenza, all’improvviso, sfuggisse al nostro controllo e finisse nelle mani di un altro? Uno sconosciuto. Una persona che conosce tutto di noi. Soprattutto le nostre debolezze, gli errori commessi nel passato, il poco valore che a tratti abbiamo dato alla nostra vita presi dalle nostre angosce. Qualcuno che sembra avere cattive intenzioni. E se ci chiudesse in un luogo chiuso (mura di cemento come il cemento delle nostre case, dove ci rifugiamo dagli sguardi e dai giudizi degli altri), dove ci sono due macchine (moderne armature dentro le quali passiamo quotidianamente in estenuanti code spezzoni di vita in solitudine), e in questo cubo di cemento ci assalisse inesorabile un sottile e subdolo fumo che con il tempo uccide (lo stesso fumo che inquina fabbriche, operai, città, bambini, fumo che abbiamo sempre avvertito così lontano dalla nostra realtà) dal quale sembra impossibile fuggire, con poco tempo per salvarsi. Di certo faremmo di tutto per liberarci, lotteremmo fino all’ultimo istante. Ma se fosse impossibile liberarsi. No, non proprio impossibile. Un modo ci sarebbe: sacrificare la vita di un altro essere umano per salvare la nostra. La nostra vita che in un passato (passato che riemerge folgorante in ogni attimo del nostro presente), abbiamo cercato di soffocare nell’illusione di sradicare con essa un dolore crudele che ci opprimeva e annichiliva. Come reagiremmo di fronte a un dilemma del genere?

Fin dove siamo disposti a spingerci? Saremmo disposti a sacrificare la vita di un’altra persona per salvarci? E il fatto che quest’altro sia uno sconosciuto e che questo sconosciuto sia un bambino, malato con poco tempo ancora da vivere, basterebbe per motivarci a farlo? Partendo da queste domande, a cui non è facile rispondere, abbiamo immaginato una situazione estrema, nella quale una donna, che è madre, si ritrova privata della propria libertà, prigioniera dentro un garage, alla merce di uno sconosciuto, che sembra avere un unico scopo: mettere a nudo la sua reale volontà di vivere di aggrapparsi alla vita per sconfessare quell’attimo antico in cui ha tentato il suicidio, dimostrando a questo oscuro giudice di essere pronta alla vita sacrificando però un innocente. È a questo punto che succede qualcosa. È il momento in cui afferriamo in profondità una verità: il valore più autentico della nostra vita lo comprendiamo solo nel momento in cui rischiamo di perderla. Quando tutto sembra destinato a portarcela via. Solo in quel momento ci rendiamo conto dell’importanza di quello che siamo riusciti a costruire. Degli affetti che rischiamo di perdere. Per provare a rispondere a questi quesiti abbiamo scelto una vicenda drammatica, tutta ambientata in un unico ambiente, con pochi personaggi, senza effetti e speciali. Una storia ricca di colpi di scena. E la certezza che la vita va sempre vissuta fino in fondo.

Giacomo Lesina