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Note di regia del corto "L'umanità Scalza"


Note di regia del corto
Ho voluto raccontare una generazione: quella dei trentacinquenni non più giovani e non ancora adulti che fanno i conti con la propria terra di appartenenza per il solo fatto che ci vivono o che ci hanno vissuto, che si ritrovano a non aver percorso per intero la loro strada, che si rincontrano nei luoghi di una Calabria selvaggia inchiodandosi in un immobilismo atavico, a parlare delle loro piccole storie, di un viaggio mai intrapreso, un viaggio verso Berlino dove il muro era venuto giù… a 16 anni molti di noi volevamo raggiungere Berlino, dove nevica anche d’estate, ascoltavamo i Pink Floyd e volevamo andar via verso il muro che era venuto giù, ma nessuno si è mosso… neanche Rosa che in realtà ha soltanto attraversato lo stretto di Messina, rimanendo per vent’anni dall’altra parte. E sono partito proprio da qui. Abbiamo voluto costruire un film tentando di raccontare un tempo sospeso che non dimentica i legami, un on the road che parla di un luogo difficile da raccontare: il luogo dell’anima spoglia di ogni artificio.
L'umanità Scalza diventa così la storia di un'amicizia, un'amicizia tra una donna, Rosa, ed un uomo down, Pepè; diventa anche la favola di un bimbo mai nato che attraverso gli occhi di Pepè è reale come reali sono le fiabe; è la storia di un ritorno, e come ogni ritorno tutto apparentemente sembra immutato, anche i sentimenti, per poi invece accorgersi che inevitabilmente il tempo recide i legami e ci costringe a fare i conti con il nostro passato, in un modo o nell'altro. Ma l’ Umanità Scalza è anche e soprattutto la storia di Pepè, che rimane testimone della vita degli altri, un testimone che varrebbe la pena di incontrare prima o poi per imparare finalmente a guardare con altri occhi. Questo film è dedicato a Pepè che adesso non c’è più, e mi piace pensare che da qualche parte continua ad essere testimone delle nostre storie.

Americo Melchionda