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GAZZARA - Un ritratto in movimento di un attore unico


GAZZARA - Un ritratto in movimento di un attore unico
Non è un documentario canonico "Gazzara" di Joe Rezwin, così come unica e non canonica è stata la carriera (non la vita, più regolare di quanto forse la "leggenda" dica) dell'attore che racconta, quel Ben Gazzara che affondava le sue radici in Italia (in Sicilia, da cui secondo la moglie - per oltre 30 anni al suo fianco - derivava la sua propensione al silenzio) ma che è stato sempre e fino all'ultimo profondamente newyorkese.

Ed è proprio una lunga passeggiata attraverso New York, a tu per tu con il produttore e regista Joe Rezwin, a costituire l'ossatura dello splendido lavoro a lui dedicato. Un uomo sincero e verace, che si è raccontato alla videocamera del regista (anch'egli molto spesso "in campo") con sincerità e passione, le stesse messe in scena in tutta la sua carriera.

A parte la voce, decisamente invecchiata nel Gazzara ultraottantenne, tutto è rimasto uguale ai tanti spezzoni di film inseriti nel montato: gli occhi e la loro vivacità, l'animalesca mimica del corpo, la risata, inconfondibile e trascinante.

Rezwin e Gazzara si conobbero nel 1977 sul set de "La sera della prima" di John Cassavetes, ma in oltre 30 anni non sono mai diventati amici, pur frequentandosi qualche volta (la naturalezza con cui l'attore dice al suo regista che non lo considera un amico è emblematica del personaggio).
Il loro è comunque un rapporto speciale, di istintiva fiducia. Per questo Gazzara si lascia andare nei ricordi, parlando di sé e dei suoi lavori (e anche di quel Cassavetes dal quale si sente in qualche modo perseguitato: "Qualunque cosa io faccia mi chiedono sempre di lui!", confessa).

Incontri casuali (Matthew Modine in bici a Manhattan) o voluti (Julian Schnabel nel suo studio d'artista) fanno da contrappunto a un racconto che si vorrebbe non finisse mai, o almeno non così presto.

Sentirlo infine parlare della morte con quella tranquillità, sapendo che Gazzara ci ha lasciato a febbraio 2012 poco dopo la fine delle riprese, è spiazzante: "Qualche tempo fa sono morto clinicamente per tre minuti durante un'operazione chirurgica, poi sono tornato. Ti posso dire che in quei minuti non ho visto nulla, nessuna luce bianca o simili. Dopo la morte non c'è niente: e come posso io aver paura del niente?".

08/08/2012, 09:00

Carlo Griseri