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ADRIANO PICCARDI - 50 anni e dintorni


Il direttore di Cineforum racconta lo speciale anniversario del film di Dino Risi, datato 1962. Ma "Il Posto"?


ADRIANO PICCARDI - 50 anni e dintorni
Meritatamente viene festeggiato in questi mesi il cinquantenario de "Il Sorpasso", il film di Dino Risi stabilitosi nel corso del tempo tra i “miti” del cinema italiano, sostenuto e indicato come riferimento autorevole anche da registi altrettanto mitici, rappresentanti della New Hollywood degli anni ’70. Certo, l’appartenenza del film al genere road movie – anche se all’epoca della sua realizzazione questa definizione ancora non si usava – ha contribuito (aggiungendosi ai meriti intrinseci dell’opera) a farne il film di culto che in seguito è diventato. Collocazione che condividiamo e di cui siamo assolutamente orgogliosi.

Parallelamente ci dispiace, però, che altrettante celebrazioni non siano state riservate, l’anno passato, a un altro cinquantenario parimenti significativo, se rapportato alla storia di quel cinema italiano che ha saputo rispecchiare i cambiamenti storici del nostro Paese, proponendo punti di vista innovativi e rivelatori. Mi riferisco a "Il Posto" di Ermanno Olmi, con cui il cineasta lombardo iniziava la sua personale riflessione sulle nuove configurazioni del mondo del lavoro nell’Italia del cosiddetto “boom”, e sui cambiamenti antropologico/culturali che quelle novità che portavano con sé, sia sul piano individuale profondo sia – conseguentemente – su quello delle relazioni interpersonali (affettive e non solo). Riflessione che sarebbe stata sviluppata, con la necessaria crudeltà, benché intrecciata alla pietà costitutiva dell’approccio di Olmi, nei successivi "I fidanzati" (1963) e "Un certo giorno" (1969).

Voglio dire che, se guardati nella giusta prospettiva, "Il sorpasso" e "Il posto" quasi contemporaneamente marcano con assoluta tempestività e precisione di sguardo - assumendosi in toto la responsabilità di filtrarlo attraverso quello dei rispettivi personaggi, così diversi tra loro - quel passaggio cruciale in Italia dai più rassicuranti valori rurali tradizionali ai nuovi valori portati dall’industrialismo, caratterizzati da superamento dei legami familiari ancestrali, aggressività, precarietà morale ed esistenziale. Passaggio di cui in modo polemico e appassionato fu interprete riconosciuto, nel medesimo decennio, Pierpaolo Pasolini ("Accattone" è del 1961, "Mamma Roma" è del 1962 – tanto per contestualizzare).

I grandi film non arrivano mai da soli. Né per caso.

02/08/2012, 09:00

Adriano Piccardi