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Note di regia del film "Succo di Marca"


Note di regia del film
Il film "Succo di Marca" è un film stile youtube, cioè self-made per un pubblico in cerca di poche sofisticazioni tecnologiche. La contraffazione praticamente inesistente, i difetti valorizzati e la società dell’immagine demolita. Gli uomini brutti fanno le veline, le belle ragazze parlano come fogne di Calcutta a cielo aperto. Grandi ispiratori filosofici di questo nostro primo film i Monty Phyton inglesi e Cipri & Maresco dalla Sicilia.
Ma il grottesco di cui si parla, che si rappresenta, non fa parte dei nostri deliri notturni di border lines, come siamo spesso definiti; è solo un’opera di traslazione al cinema di una realtà fin troppo realtà, priva di fantasia, che è quella quotidiana. Dietro un’apparente perfezione formale si cela, anche nella più pragmatica provincia italiana, una bestialità che è solo divenuta consuetudine e quindi non più disdicevole. E se questa realtà si svela e si mostra nella sua forma più letterale possibile, senza interpretazione, senza simbologia e senza retorica, allora diventa comicità, la più letale, la più cinica, la più speculare.
I festini del jet set a cui tanto ambiscono i figli degli umili restati fuori a guardare dalla finestra, il mercato dell’emozione, i viaggi premio ai Caraibi, le istituzioni che si autocelebrano in pacchiani meetings, la cultura della “gnocca” che diventa materia universitaria, industriali/scrittori, scrittori/ristoratori, ristoratori/speaker in una confusione di tuttologia sommaria che può solo sfociare in rissa e inconcludenza. E se tutto ciò doveva diventare lungometraggio non si poteva ambire certo ad un capolavoro di fotografia cinematografica.
Ognuno ha il governo che si merita ed ognuno ha il film che si merita. Per un film del genere abbiamo speso veramente poco: qualcosa come 10.000 euro e anche se ne avessimo avuti di più non li avremmo spesi.
E allora vi chiederete come è possibile, con questa cifra, coinvolgere 200 attori (attore più, attore meno) nel cast? Semplice, perché l’investimento più grande che abbiamo fatto è stato nell’amicizia. Coloro che hanno partecipato hanno semplicemente condiviso l’obiettivo: raccontare di un paese, di un periodo storico e di un antropologia territoriale con gli occhi amari e divertiti di chi assiste ad uno sfacelo culturale. Come dire facciamoci su una bella risata e non ne parliamo più, niente più riunioni.
Ora per definire questi tipi di operazioni s’usa il termine “community” e allora così lo vogliamo presentare: community film. Una comunità che racconta e si racconta, come in una sorta di terapia di gruppo.
Coacervo e precipite.

Maurizio Serafini e Luciano Monceri