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FESTIVAL DI ROMA - Un Nobel per Mamma Africa


"African Women - in viaggio per il Nobel della Pace", fuori concorso a L'altro Cinema - Extra. Un argomento drammatico trattato gioiosamente.


FESTIVAL DI ROMA - Un Nobel per Mamma Africa
Le donne senegalesi sono stanche: è il grido-appello lanciato in modo allegro e gioioso dalle protagoniste corali del documentario "African Women - in viaggio per il Nobel della Pace" di Stefano Scialotti, che lo ha realizzato, girandolo in sette giorni, per raccontare e diffondere un messaggio particolare: la promozione della campagna NOPPAW (Nobel Peace Prize for African Women) che sostiene la candidatura collettiva delle donne africane al Premio Nobel per la pace.

Il documentario è una ballata fresca, divertente, ironica e colorata presentata al Festival alla presenza del Sindaco di Roma, che lo proporrà al Parlamento Europeo, e di Isabella Rauti, che attraverso il patrocinio del Consiglio Regionale del Lazio, lo ha sostenuto per guardare al sud del mondo e per il suo realismo e per la sua poesia, che lo rendono un capolavoro di giustizia sociale.

Anticipato da un breve video di presentazione montato sulle note di Le donne lo sanno di Luciano Ligabue, il racconto documentaristico, costruito come un road movie, alterna brevi interviste da reportage ad immagini dell’impegno nell’organizzazione della campagna. Le donne senegalesi cucinano, lavorano nell’essiccazione del pesce, danzano, accudiscono i bambini orfani, prendono, secondo l’antica tradizione africana che non conosce ancora la modernità dei rubinetti, l’acqua nei pozzi e la portano con i particolari sostegni sulla testa, fanno il sapone in casa nell’Africa della guerra e della fame.
Sono forti e coraggiose e vivono con lo scopo di cambiare il mondo ed eliminare la fame nella loro Africa, ancora pasoliniana, ma a colori, tutta femminile e con i ritmi dell’Italia del dopoguerra.
Queste donne stanche di lavorare, chiedono il Premio Nobel per il loro impegno, per la loro capacità di dividere un etto di riso in dieci persone, per il lavoro nell’agricoltura dei cereali, per la sensibilità nell'affrontare i problemi della scolarizzazione delle ragazze, per l’ironia di accettare la poligamia, che tuttavia consente loro maggiore libertà di movimento e più cura di se stesse, e per la furbizia di insegnare metodi contraccettivi per donne.
Un esempio di cinema al servizio di una causa, come ha sostenuto Mario Sesti, responsabile della sezione Extra, che nella sua semplicità e nel suo realismo sa trasmettere emozioni e sensualità utilizzando il linguaggio del genere documentaristico e affrontando in modo gioioso una tematica drammatica sulle indignate africane per avere maggiore presa su un pubblico di riferimento più vasto.

29/10/2011, 15:48

Alessandra Alfonsi