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Nicola Palmeri: "Sono rimasto colpito dalla persona di Tano Cimarosa"


Intervista a Nicola Palmeri, autore del documentario "Lo Chiamavano Zecchinetta" sul "caratterista" Tano Cimarosa.


Nicola Palmeri:
Tano Cimarosa
Come è nato il progetto del documentario? Quando ha conosciuto Tano Cimarosa?
Nicola Palmeri: Tutto è nato nel 2006 quando conobbi Tano Cimarosa al Festival cinematografico Jalari in Corto a Barcellona Pozzo Di Gotto. All’inizio volevo fare un corto con lui. Avevo un soggetto che poteva essere perfetto, ma non c’erano i presupposti per realizzare un buon lavoro, sia perché non c’erano i soldi sia perché lui stava già poco bene di salute e quindi le cose si sarebbero complicate. Non mi andava di farlo tanto per girare e poter dire che avevo fatto un corto col mitico Cimarosa. Decisi semplicemente di intervistarlo per confezionare un video, un omaggio. Ma appena lo vidi davanti alla mia videocamera rimasi colpito da quel suo volto visto e rivisto in tanti film. Decisi allora di andare a Roma per continuare ad intervistarlo. Grazie all’aiuto di un’amica che avevamo in comune riuscii ad entrare nell’appartamento dove viveva a Roma. Era una casa piccola, tappezzata da tantissime sue foto. C’era tutta la sua vita. E c’erano tantissimi pupi costruiti da lui: una casa davvero particolare!
Devo dire che in Sicilia mi è capitato spesso di incontrare personaggi che come Tano hanno fatto delle loro abitazioni una sorta di museo con i cimeli della loro vita. Ma quella di Cimarosa era particolare perché non era solo la sua storia ad essere appesa alle pareti ma era per certi versi anche la storia del cinema italiano, o meglio di quel tipo di cinema che aveva fatto lui.

Che apporto ha ricevuto dall'attore? Quanto materiale aveva a disposizione?
Nicola Palmeri: Lui era entusiasta, appena gli dissi che avevo deciso di fare un documentario su di lui si mise subito a disposizione. Mi diede alcuni contatti e mi fece fotografare tutte le foto che possedeva. Di materiale ne aveva tantissimo, soprattutto foto e ritagli di giornali.

Come ha scelto i 'testimoni' intervistati? C'è qualcuno che avrebbe voluto e non ha trovato?
Nicola Palmeri: La parte più difficile di tutto il lavoro è stata proprio quella di trovare e riuscire ad intervistare i personaggi che avevano avuto a che fare con Tano. Alcuni li ho contattati personalmente e ho concordato con loro un momento per fare l’intervista, altri invece mi è capitato di vederli in manifestazioni cinematografiche varie dove ero ospite per altri motivi.
Avrei voluto senz’altro Francesco Scali, grande amico di Tano, ma purtroppo non sono riuscito a contattarlo. Inoltre il documentario era già fermo da tanto tempo perché stavo lavorando anche ad altri progetti e non potevo stare fermo ancora tanto.
Poi mi sarebbe piaciuto mettere un’intervista a Giuseppe Tornatore, regista da me molto amato soprattutto per i racconti che parlano di Sicilia. In quel periodo era impegnato con le riprese di “Baarìa” e quindi era difficilissimo trovarlo. A dire il vero l’ho incontrato a Torino ma l’emozione mi ha giocato un brutto scherzo, cosa per me molto rara tra l’altro, e non sono riuscito a chiederglielo. Magari prossimamente, prima che il documentario trovi una sua collocazione nella distribuzione nazionale, non è detto che non riesca ad inserire queste altre interviste per me preziose.

Come mai il cinema di oggi sembra non avere più bisogno di caratteristi come Cimarosa?
Nicola Palmeri: Il cinema di oggi è diverso da quello degli anni ’60 o ’70 e non mi voglio schierare con quelli che sostengono che il cinema di una volta era migliore. Ma non dico neanche che preferisco quello di oggi: semplicemente si tratta di due cose diverse sia perché, ahimè, si seguono regole di mercato diverse, sia per quel cambiamento inevitabile insito in ogni cosa. Il cinema si è evoluto sotto certi aspetti e non mi riferisco solo a quelli tecnici, sotto altri invece c’è stata una involuzione esponenziale.
Credo che il cinema italiano oggi stia prendendo una direzione tutta sua forse un po’ troppo legata al pubblico che ha un gusto diverso rispetto al passato. A volte certi film venivano amati e ricordati proprio per la presenza di un grande caratterista. Non so se oggi la maggior parte della gente vorrebbe più caratteristi al cinema, come era una volta. A me personalmente, che fortunatamente o sfortunatamente sono libero dalle regole del botteghino, piace cercarne di nuovi.

Il documentario è scaricabile in una versione breve da internet (gratuitamente): come mai questa idea e come sta andando la distribuzione?
Nicola Palmeri: L’idea è nata proprio dalla mancanza di una società di distribuzione. A dire il vero non posso dire neanche di averla cercata poi così tanto. Ci stiamo provando tutt’oggi. Spero che prima o poi interessi a qualcuno far conoscere questo nostro grande attore. Certo si tratta di un argomento per appassionati, ma nonostante ciò devo dire che in molti lo stanno guardando su internet. Spesso ricevo lettere da cinefili che ricordano con affetto i tanti film in cui lui è stato presente.

Quali sono i suoi prossimi progetti?
Nicola Palmeri: Ho appena finito di scrivere a due mani la sceneggiatura di un corto. Spero di poterlo girare al più presto, compatibilmente con le altre mie produzioni e con gli altri progetti che riguardano la seconda mia passione che è l’informatica.

28/02/2011, 09:00

Carlo Griseri