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Note di regia del film "Qualunquemente"


Note di regia del film
Lavorare con Antonio è sempre un'avventura magnifica. Lo facciamo da più di dieci anni con varie formule: lui regista io aiuto regista nei suoi primi due film, lui attore ed io regista e sceneggiatore nel mio secondo film, ora lui attore e autore ed io regista. Nei fatti poco cambia: ogni volta ci si ritrova a confrontarsi sul set, e comunque sia è sempre bello e ci sembra funzioni. E soprattutto ci divertiamo molto.
Il film è stato per me anche una meravigliosa sfida. Usare il linguaggio dei fumetti per raccontare un aspetto della cronaca italiana di oggi, reinventandola e astraendola, per ri-raccontarla, speriamo, ancor meglio. Credo che l'astrazione, specie quando filtrata attraverso il linguaggio della comicità, sia un modo efficace come nessun altro per raccontare la realtà, anche e soprattutto quando si tratta di situazioni dure, drammatiche. La chiave comica elimina ogni retorica, ci allontana dal moralismo e questo rende la narrazione ancor più efficace. Cetto è al contempo un "eroe" dell'Italia di oggi e un personaggio assolutamente astratto e surreale. Genialmente universale e al contempo attualissimo.
Si partiva dunque da una certezza consolidata: un personaggio nato per il teatro e il piccolo schermo e divenuto in pochi anni una Grande Maschera Italiana, degna delle migliore tradizione del nostro paese, e penso non solo alla commedia dell'arte e alla tradizione lontana, ma anche a personaggi più recenti, su tutti a Fantozzi. Anche lui è nato in tv ed è felicemente traslocato poco dopo al cinema. Anche noi, come si fece con lui allora, avevamo l'arduo compito di dar vita al "mondo di Cetto", costruire cioè attorno a lui quell'acquario fantastico nel quale potesse nuotare a suo agio, in armonia.
Per far questo abbiamo tentato di usare le armi proprie del cinema. Marco Belluzzi, scenografo, ha immaginato gli spazi in cui si muove Cetto attingendo ai tratti propri del personaggio: un paese calabrese totalmente privato di ogni carattere e tradizione, soppiantato da un'unica colata di cemento, per esempio. Lo ha realizzato in un piccolo quartiere di edilizia popolare, costruito a Tivoli negli anni settanta e da lui rimodellato alla bisogna. Poi la Casa, che doveva riflettere la caotica "bulimia dell'avere" di Cetto, un trionfo di cafoneria e opulenza che unisce vasche idromassaggio e busti di imperatori romani, piscine coperte e false statue egizie, enormi ritratti di Cetto in stile neoclassico e capitelli dorici. Marco ha scovato una villa bunker in un'estrema periferia di Roma, così pazzesca che sembra (e non e'!!) interamente ricostruita. Poi un litorale bellissimo ma devastato dall'abusivismo di costruzioni improbabili, scovato tra le costruzioni di Passo Scuro. Insomma un mondo trovato dal vero ma incredibilmente non reale, nel quale Cetto si muove in assoluta coerenza.
Roberto Chiocchi, costumista, ha vestito i personaggi trasformandoli in veri e propri fumetti, usando colori estremi e assoluti, rosso-rosso, verde-verde, fino al viola, il colore del partito di Cetto, che piano piano pervade tutto il paese. Li ha caratterizzati spingendoli all'estremo, penso alle madonne stampate sui giubbotti di Pino o alla bigiotteria e alle acconciature della moglie Carmen, riuscendo a farne esplodere la volgarità ma al contempo ad armonizzare il tutto e a dare ad ogni immagine uno stile, un'eleganza, insperata.
Roberto Forza, direttore della fotografia, ha scelto inquadrature di respiro, usando spesso lenti grandangolari, e ha dato al film un sapore garbatamente aberrato e al contempo astratto, non reale. Con lui abbiamo cercato di costruire delle immagini che alludono sì a vari generi, dal Western al Gangster movie, dal Cartoon alla Commedia Italiana, senza però mai sottolinearlo, senza intaccare la centralità e la leggerezza del racconto.
Cecilia Zanuso, montatrice, ha assemblato il tutto, dando al film un ritmo incalzante ma senza perdere nessun particolare, e anche giocando sapientemente coi generi che le immagini suggerivano, riscrivendo il film con il suo consueto unico talento.
Credo ne sia uscito un film che si butta senza timidezze nel mondo libero e allegramente folle dei fumetti: un genere di cinema abbastanza raro nel panorama nazionale (e al contrario molto frequentato da altre cinematografie) e che, essendo alleggerito dal vincolo del realismo, a mio avviso consente di dispiegare al massimo tutte le potenzialità creative del cinema: mai come questa volta tutti i responsabili dei vari reparti (scenografia, fotografia, costumi, montaggio, ecc), hanno colto l'anima del film dando il meglio di sé e contribuendo in maniera determinante alla sua riuscita.
Naturalmente è anche grazie ad un cast d'eccellenza che è stato possibile creare questo mondo: a tutti i miei magnifici interpreti, da Sergio Rubini a Lorenza Indovina, da Gigi Burruano a Nicola Rignanese, fino all'ultima comparsa va il mio grazie più sincero. Solo attraverso le loro interpretazioni calibrate, sempre capaci di coniugare l'estremizzazione del carattere con la sottigliezza del personaggio, è stato possibile creare compiutamente il "mondo di Cetto".
Da ultimo voglio ringraziare, più di tutti Antonio. Non solo perché è solo grazie a lui se ho avuto l'opportunità di essere in questo film, ma anche perché ho riscoperto per l'ennesima volta, ancora con sorpresa, quale immenso attore e autore sia. Voglio ringraziarlo per la sua generosità: credo sia molto raro trovare qualcuno che ha immaginato e scritto un film su un suo personaggio, che ha il coraggio di affidare ad un altro. Realizzare questo film con lui è stato semplice e bellissimo, mai mi sono sentito condizionato nelle mie scelte, e questo mi sembra ancora oggi incredibile. L'unica cosa che voglio aggiungere è che non l'ho mai visto così in forma.

Giulio Manfredonia