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"Santina" di Gioberto Pignatelli: una film "non convenzionale"


Il cantautore che meglio seppe raccontare le storie appartenenti alle classi più basse, donando loro quella dignità che la vita gli aveva negato, fu senza ombra di dubbio Fabrizio De Andrè. Ad aprire e chiudere “Santina” di Gioberto Pignatelli, secondo lungometraggio in concorso alla 27° edizione del Torino Film Festival sono due brani del musicista genovese e la Santina del titolo è una anziana prostituta. Nello D'Angeli, bel giovane con un passato ricco di macabre esperienze e un'infanzia ricca di torture subite, sfrutta per diverso tempo la donna, di lui evidentemente invaghita. Per lui Santina è sempre stata una creatura squallida, buona solo a fargli guadagnare poche lire, e il momento in cui arriva a rendersi conto di poter arrivare ad amarla, corrisponde con l'esposione di follia omicida. Condotto in modo confuso e mai convenzionale, il film di Pignatelli, liberamente tratto da “La storia” di Elsa Morante, è difficile da identificare all'interno di un genere ben preciso. Un film che ha l'ambizione di far nascere nello spettatore sentimenti continuamente diversi e contrastanti, che ben si inserisce nella scelta del festival di mostrare un certo cinema nuovo e sperimentale.

20/11/2009, 10:00

Antonio Capellupo