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Simone Pinchiorri  (30/05/2007 @ 19:20)
L'Associazione culturale "MySelf" è riuscita nell'intento di portare, dopo "Tu Devi Essere il Lupo", un altro film di Vittorio Moroni nelle sale italiane: "Le Ferie di Licu". A differenza della precedente pellicola, Moroni si cimenta questa volta con il racconto di una storia vera di due ragazzi del Bangladesh, un documentario/fiction, con una sceneggiatura che si sviluppa durante le riprese, durate quasi più di due anni. Il film parte un po' a rilento con la descrizione della vita che Licu, un giovane educato e ben integrato nel nostro paese, che veste alla moda e parla con l'accento capitolino, conduce nella città di Roma. La vicenda si sposta, poi, in Bangladesh, in quanto il giovane si deve sposare con una ragazza, mai vista e mai conosciuta. Da questo momento la pellicola prende forma, diventa penetrante. Il Bangladesh con le sue contraddizioni, i suoi costumi, i suoi colori attirano lo spettatore verso un mondo lontano dove due ragazzi si devono sposare secondo antiche usanze di "compravendita" dove ogni decisione è delegata ad una estenuante trattativa tra le famiglie. In un collage di colori arancioni e grigio fango appare Fancy, la futura sposa, una "bambina" di 18 anni, impacciata e timida. Molto bella è la descrizione del primo incontro tra la ragazza e Licu, un incontro freddo, dove solo il telefonino, simbolo della tecnologia occidentale, porterà al disgelo tra i due. Moroni racconta, poi, il matrimonio ponendo nella sceneggiatura le immagini di un filmino amatoriale ripreso e montato da un "regista di matrimoni" cingalese. La narrazione si sposta nuovamente a Roma, dove Fancy viene catapultata in una nuova realtà. La ragazza è costretta ad una vita di "segregazione domestica" secondo le usanze del suo paese, che impongono alla donna di poter uscire solo accompagnata dal marito. Il regista a questo punto porge l'attenzione soprattutto verso la ragazza, che dalla finestra di casa, diventata il suo "oblò" verso il mondo occidentale, osserva le donne "libere" che passeggiano per le vie del suo quartiere e vorrebbe essere come loro anche se il suo destino non potrà mai essere diverso dal presente che sta vivendo. Il film è uno spaccato di una società, di un nucleo sociale che vive nelle nostre città, come quello della comunità cingalese, che in parte sembra integrarsi nel mondo occidentale, ma che conserva usi,costumi e tradizioni arcaiche. Moroni ottiene un buon effetto di lontananza-vicinanza, raccontandoci con la sua telecamera dall'interno il mondo di Fancy e Licu, ma ha anche rispetto per la vita dei due giovani sposini. Il regista è riuscito ottimamente a creare un'opera "neorealista", toccando da vicino temi di stretta attualità, non usando i soliti canoni narrativi, ma mostrandoci una realtà sociale che è tra di noi, che vive i nostri sogni ed i nostri problemi pur essendo ancora molto distante dal nostro modo di essere e di pensare.

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