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Daniele Baroncelli  (05/09/2006 @ 04:29)
Da Garrone mi aspettavo di più. Rimane in ogni caso un bel film.
Alessandro Bonanni  (07/02/2006 @ 00:00)
Dopo le vicende del morboso nano tassidermista de “L’imbalsamatore”, Garrone si ispira ad un altro fattaccio di cronaca nera, traendo gli spunti per il soggetto di “Primo Amore” dal romanzo “Il Cacciatore di Anoressiche” di Carlo Mariolini: Vittorio, che di mestiere fa l’orafo, incontra la commessa Sonia attraverso un annuncio. Inizia così una relazione tormentata, che si sfibra in un crescendo di coercizioni e piccole crudeltà fino al drammatico epilogo. La performance degli attori è di alto profilo: Michela Cescon (che viene dal teatro) è brava nello spersonalizzarsi nella progressiva perdita di peso, mentre Vitaliano Trevisan (scrittore e anche co-sceneggiatore) esprime con l’afasia e l’indefinitezza dello sguardo la consapevole soggezione dell’orafo ai demoni che albergano nella sua anima. I monologhi di Vittorio, algida voce fuori campo, sono un diario che confessa la patologica ossessione per il dimagrimento della compagna, inteso come un processo alchemico di purificazione, una sorta di distillazione del corpo. Sullo sfondo, una provincia veneta angosciante e rarefatta. D’altra parte Garrone ha sempre cercato l’effetto dell'alienazione ricontestualizzando i “fattacci” in ambientazioni non neutre, cornici disturbanti in grado diesprimere i tormenti dei protagonisti. Fortunatamente il film, non avendo la pretesa di esaurire i risvolti psico-patologici che legano i due protagonisti, non si perde in inutili e grossolane pedanterie. Piuttosto, mentre da una parte cerca una crescente tensione drammatica esibendo situazioni di disagio sempre più irritanti per lo spettatore che alimentano anche il senso d’ineluttabilità della tragedia, dall’altra insegue efficacemente l’estetica del rapporto tra vittima e carnefice attraverso un miscuglio di realismo (la presa diretta, il dialetto, la cinepresa invadente che sveste e insiste sui corpi evidenziandone ogni dettaglio, le vertebre sempre più sporgenti, i nei) e piccole sfumature impressioniste (scenografie di angosciante geometria, uso del fuori fuoco).

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